Un altro Giappone. Esplorando Nishinoshima
Cavalli in libertà che pascolano tra prati scoscesi in cima a grandi scogliere, in posizione dominante sul mare; il vento che sibila; nessun essere umano all’orizzonte. A Nishinoshima, nell’arcipelago delle Oki, una delle destinazione del Giappone tra le più nascoste, il pulsare della distesa di cemento, i deliri hi-tech e le stravaganti sottoculture urbane, insomma tutto il “menu” che costituisce il fascino della megalopoli di Tokyo, sono soltanto un lontano ricordo. A 65 km a largo della piccola città di Matsue (sulla costa occidentale d’Honshu, a nord di Hiroshima), quest’isola campestre e selvaggia, che fa parte di un geoparco mondiale dell’Unesco, permette di immergersi nell’altro Giappone, rurale, calmo, dove la natura e le tradizioni sono regine e la vita si svolge al rallentatore. “L’intaglio delle montagne rivela capi, picchi e falesie tinti di un centinaio di variazioni di blu – da un indaco vellutato fino a meravigliosi toni di una delicatezza spettrale –, e una leggera bruma colorata fa di queste terre lontane un sogno…” si estasiava Lafcadio Hearn, arrivando in battello. Lo scrittore irlandese (naturalizzato giapponese dopo aver sposato la figlia di un samurai di Matsue) fu il primo occidentale a visitare le isole Oki, nel 1892. Quando, dopo due ore e mezza di traversata in traghetto, ci avviciniamo a Beppu, l’imbarcadero di Nishinoshima, ne ricaviamo la stessa impressione.
il santuario takuhi, sul monte più alto: era venerato dai marinai e utilizzato come faro.
Sashimi subacqueo
Nicola, la neozelandese che lavora all’ufficio del turismo (sposata a un giapponese originario dell’isola) è sulla banchina. «Rimanete sei giorni?», chiede. «È un caso unico. Qui, i visitatori, quasi tutti giapponesi, passano una notte, qualche volta due, mai di più». Dopo che ci ha affittato un paio di biciclette elettriche, ci dirigiamo al nostro ryokan, poco distante da lì. Senza lasciarci altra scelta, il proprietario ci piazza, una volta appoggiati i nostri zaini, davanti a un donburi di conchiglie del genere turbante cornuto, tuorlo d’uovo crudo e alghe varie, una ricetta casalinga. A questo tipo di antipasto seguiranno – tutte le sere – banchetti concepiti da suo marito: una ventina di assaggi, tra cui un numero di conchiglie sconosciute servite crude, cotte al sakè o grigliate, o ancora grandi ostriche e abaloni locali. Il giorno dopo, iniziamo il nostro giro in bici, inframmezzato da bagni e pause di lettura con un panorama fantastico. A est e a nord dell’isola, le colline sono ricoperte fino al mare da una densa foresta vergine e la strada è così poco frequentata che le liane di un verde vivo tappezzano in parte l’asfalto. Vi si vedono volteggiare delle libellule giganti e dei passeri giapponesi, come ad esempio la sialia, il pigliamosche crestato o il Geothlypis tolmiei. Scorgiamo anche un fagiano versicolore – l’uccello nazionale del Giappone –, rinomato per la sua capacità di mimetizzarsi. A ovest, dopo aver attraversato il borgo principale (un ufficio postale, due drogherie, un piccolo supermercato, una merceria), ci arrampichiamo per raggiungere i pascoli battuti dai venti che sormontano la falesia di Matengai, alta 257 m. È lì che vivono i 50 cavalli selvaggi che permettono ai visitatori di scattare belle fotografie, così come i 500 capi di bestiame che finiranno nei piatti degli amatori della razza wagyu. Un sentiero pedonale scende fino alla costa frastagliata e al doppio arco di Tsutenkyo, scolpito dalle onde. Un po’ come nella celebre Étretat, in Normandia, ma in grande, che riassume tutte le declinazioni di ocra e che si contempla in solitudine. Nishinoshima ospita anche una ventina di santuari, tra cui l’elegante tempio Yurahime, vicino al porto di Uragō, dedicato alla divinità della pesca e decorato da pitture di calamari, e il tempio Takuhi, isolato in cima alla montagna più alta, al quale si accede attraverso un sentiero nel bosco. Da più di un secolo, è il centro spirituale dell’isola. Datato al 1732, l’edificio attuale, molto elaborato, è incastonato in un’immensa roccia al limitare di una radura. Infine, l’isola vanta un club che organizza escursioni in kayak lungo la costa e immersioni subacquee. A 25 m sotto la superficie dell’acqua, vicino a enormi rocce coperte di alghe, si trovano fondi sabbiosi sui quali vivono enormi stelle marine arancio vivo. Circondati da banchi di ricciole dalla coda gialla e da pesci damigella, degustiamo frutti di mare che il nostro istruttore di sub ci offre dopo averli aperti con il suo coltello: un sashimi subacqueo…
una baia di nishinoshima.
le barche degli spiriti (shaara-bune) di nishinoshima durante la festa dell’obon.
Cerimonia del tè
Oggi quasi dormienti, le isole Oki hanno conosciuto periodi molto più vitali. Dapprima terre d’esilio per i nobili sconfitti e i poeti dalla lingua troppo lunga, furono la Sant’Elena degli imperatori Go Toba e Go Daigo durante lo shogunato Kamakura (1192-1333). Il loro isolamento e la loro rinomata e sorprendente bellezza ne facevano un luogo ideale per bandire le persone della nobiltà. Fino al XIX secolo, funsero anche da scalo marittimo sulla rotta che collegava il Sud e il Nord del Giappone, anche con l’attracco di 4 500 navi mercantili all’anno. Poi, quando l’industrializzazione spostò il centro di gravità del Paese sulla costa del Pacifico, cominciarono a spopolarsi. Nishinoshima non ha più di 2 600 abitanti, di cui la maggior parte vive di pesca e alcuni di turismo. In quest’angolo di mondo nipponico, una coppia occidentale che gira l’isola in bici non passa inosservata. Quasi tutte le persone che incrociamo, che siano a piedi o in macchina, agitano la mano con un grande sorriso. Quanto alla proprietaria del nostro ryokan – di una gentilezza rara –, ha imposto a suo marito (che prepara quattro menu differenti in rotazione per i suoi ospiti) di immaginarne due supplementari per le nostre cene di cinque o sei giorni, e ci propone di giocare al tennis club dell’isola anche se non ne siamo membri. Per parte sua, il monaco solitario che è a guardia del tempio Takuhi ci accoglie improvvisando per i suoi unici visitatori della giornata una cerimonia del tè perfetta (ritiro, quiete, intimità) in una piccola sala del santuario. L’ultima sera, due abitanti si presentano al ryokan. Uno dei due è un ex judoka che ha avuto come avversario il campione del mondo francese Jean-Luc Rougé. Dicono di essere felici e onorati per averci visto a più riprese sulle strade dell’isola e ci offrono una t-shirt dipinta a mano e un kimono leggero color indaco. Siamo alla fine del nostro slow travel insulare, e queste attenzioni ci vengono rivolte davanti a un tramonto mozzafiato. Come diceva Lafcadio Hearn alla sua partenza dall’arcipelago delle Oki: “Qui, si avverte la gioia totale dell’evasione e la letizia di arrivare a conoscere se stessi”.