Un albergo Art déco degno di Wes Anderson
Siamo a Los Angeles, dinanzi al grande blu dell’Oceano Pacifico. Con il suo tocco ben calcato in testa come Spirou, il giovane facchino d’albergo protagonista del celebre fumetto – omonimo – belga, il portiere accompagna gli ospiti sulla piccola rampa di scale del 1415 Ocean Avenue, a Santa Monica. Forse non tutti si ricordano (o sanno) di Spirou, ma un altro riferimento (questa volta cinematografico) balza subito in mente: pantaloni da smoking con banda laterale e giacca chiusa da bottoni dorati, la sua uniforme ufficiale richiama chiaramente il lobby boy del Grand Budapest Hotel, pellicola del 2014 diretta da Wes Anderson; peraltro, tutto qui ricorda l’estetica vintage in tinte pastello prediletta dal regista texano. Dalla facciata blu turchese impreziosita di tocchi dorati – i colori originari – all’hostess dal largo sorriso che prende in consegna i viaggiatori per effettuare il check-in: è un attimo, e subito ci si immerge in un mondo rétro particolarissimo e rilassante. Quando si fa buio, il grande neon rosso della scritta “The Georgian”, posta in cima a una facciata dell’edificio, funge da punto di riferimento per le auto e i passanti. In fondo al corridoio del piano terra, la biblioteca è decorata con una serie di incisioni firmate Hugo Guinness (pittore, illustratore e scrittore che ha lavorato con Anderson proprio alla storia di Grand Budapest Hotel, da cui è derivata la nomination condivisa per l’Oscar come migliore sceneggiatura originale). Anche l’arte, qui, non manca con numerose opere sparse un po’ ovunque. mentre la Gallery 33, ospitata all’interno della struttura, propone esposizioni temporanee di artisti locali e internazionali. Nelle camere, l’arredo resta fedele allo charme dello stile Art déco.
turchese e oro: sono i colori che spiccano sulla facciata del the georgian, sul lungomare di los angeles.
Si viene qui innanzitutto per riposarsi, lontano dalle sigarette al cannabidiolo dei neo-hippy cool di Venice Beach o dagli sgargianti edifici di Malibù. L’arrivo dello chef David Almany a dirigere la cucina testimonia una terribile voglia di competere con le istituzioni più rinomate dell’area losangelina. «Vogliamo creare qualcosa di raffinato, riposante e che trasmetta calore; l’idea è far sentire le persone a casa» riassume Nicolo Rusconi, il cofondatore del gruppo Blvd Hospitality, di cui fa parte il Georgian, puntando il dito in direzione dell’hotel durante una passeggiata tra le colline, raggiungibili in brevissimo tempo partendo dalla proprietà. Il “ragazzo” non è alle prime armi: gli vanno attribuiti i progetti di Soho Warehouse, Ace Hotel Broadway e The Hoxton Downtown, messi insieme con il socio Jon Blanchard. È nel 2020 che puntano sul Georgian, in partnership con Global Mutual Real Estates e Esi Ventures. Quando decidono di lanciarsi in questa avventura, quello che venne soprannominato la “First Lady” (fu uno dei primi grandi edifici a essere completati sul lungomare) aveva perso di gran lunga la sua superbia. Aperto nel 1933 (otto piani e un’estetica elegantissima di fronte al parco divertimenti di Santa Monica Pier) diventò subito una celebrità, come “celebrità” erano molti dei suoi ospiti, che qui scendevano per cercare un po’ di respiro lontano dai riflettori di Hollywood. Si dice che anche Carole Lombard e Clark Gable si dessero appuntamento nelle sue stanze, al riparo da sguardi indiscreti, prima che quest’ultimo lasciasse la moglie per sposarla. Nella lista, anche Marilyn Monroe, Charlie Chaplin e Al Capone, “star” a modo suo. Gli anni del proibizionismo furono una giostra. Uomini d’affari più o meno raccomandabili si ritrovavano nei locali più nascosti e rivolgevano frasi enigmatiche al barman, che tornava con le braccia cariche di bottiglie (era il tempo degli speakeasy, esercizi commerciali illegali) prima che gli invitati prendessero il largo passando per la vicina stazione marittima: al largo, i gettoni del poker circolavano liberamente fuori della giurisdizione locale. Poi il proibizionismo venne abolito, i tempi cambiarono.
Tra gli ospiti illustri, Marilyn Monroe, Charlie Chaplin e Al Capone, “star” a modo suo
Il castello di carte crollò, e il Georgian entrò nel cono d’ombra. Nel 1953, anche la Santa Monica Air Line, che lo collegava al cuore di Downtown chiuse i battenti. Il portico del Georgian barattò i sorrisi delle starlette con lo sguardo dei pensionati puntato all’orizzonte. Dopo una serie di cambi di proprietari e un periodo come casa di riposo, gli interni avevano perso gran parte del suo fascino originale. Ma Los Angeles è così, ama le crisi e le rinascite, e Santa Monica sembra sempre un po’ fuori dal tempo… E così, ecco il “nuovo” Georgian. Tre anni dopo l’inizio della ristrutturazione e con una pandemia in mezzo, Jon Blanchard e Nicolo Rusconi possono essere fieri. Le 84 camere (di cui 28 suite con vista sul Pacifico) rendono omaggio agli anni d’oro senza scadere nel cliché. Si viene qui per una tregua, senza bisogno di rifugiarsi su un’isola. Restituiamo le chiavi mentre le auto sfilano sulla Pacific Coast Highway, e ci chiediamo se non sarebbe meglio restare ancora, un altro giorno…