The Good Life Italia

Rifai borghi

Tutto da rifare, la rete che salva i borghi

Settembre 2020, Valloriate, Valle Stura, provincia di Cuneo, in Piemonte. È in corso l’evento “Muovere le montagne”, organizzato all’interno della manifestazione Nuovi Mondi Festival. Elisa Chillura, 34 anni, ha viaggiato per quasi 18 ore, percorrendo 1 600 km, per partecipare. Viene da Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento. Ma ancora non sa che la sua vita sta per cambiare. Oggi, infatti, Elisa è presidente di Rifai, la Rete di Facilitatori delle Aree interne. Il nome non è dei più accattivanti, forse, ma l’acronimo spiega bene il senso dell’impresa: “ri-fare”, nel senso di ricominciare a fare, a provare a restituire ai giovani che vivono nelle cosiddette aree interne del Paese, soprattutto nelle valli e borghi di montagna, un sogno che permetta loro di non abbandonare le loro case, le loro famiglie, la materia e lo spirito di quei luoghi. Elisa ricorda così quei giorni: «Come altri giovani attivisti fui contattata dalla rete dei Gruppi d’Azione Locale, che opera nel quadro del European Network of Rural Development per monitorare, stimolare e sostenere le realtà di sviluppo sul territorio in aree soggette a spopolamento e impoverimento economico, sociale, culturale». Ma sarebbe stato difficile immaginare che cosa sarebbe accaduto. Pochi giorni, infatti, sono bastati perché, sotto la spinta della comunità della Valle Stura, di una comunità della Carnia Friulana e di quella dei Monti Sicani in Sicilia a cui appartiene Elisa, fosse discusso un primo manifesto con centinaia di altre realtà ad altissimo tasso di giovani. Divisi su molte cose, ma tutti d’accordo su una, fondamentale: il primo problema delle aree interne è che vengono ammazzati i sogni a colpi di “lascia perdere”, “non ci riuscirete mai”, “ma va’, si è sempre fatto così”: sono le parole degli scoraggiatori militanti, ai quali il network, che presto avrebbe preso il nome di Rifai, ha deciso di rispondere non solamente a parole, ma con i fatti. I fatti sono progetti concreti, capillari, continuativi, che richiedono non soltanto attivisti ma professionisti competenti che diventino agenti di cambiamento nei territori sviluppando sinergie tra i nodi della rete. A distanza di poco più di tre anni da quell’incontro in Valle Stura, le regioni coperte da Rifai sono diventate otto, coinvolgendo un centinaio di persone, nodi di associazioni o fondazioni nuove o già presenti e attive a livello locale. Primo obiettivo: conoscere la storia, la geografia, l’antropologia, la biodiversità naturale e umana del proprio territorio, in un Paese che possiede ben 8 000 borghi, molti dei quali a rischio estinzione. Secondo obiettivo: farli conoscere anche all’esterno e valorizzarli con progetti partecipativi di natura non soltanto turistica ma culturale, rispettosi di ambiente e storia. Terzo: incoraggiare i giovani a non lasciare i luoghi d’origine, bensì a investire le loro energie umane e professionali dove sono nati, riscoprendo vocazioni e mestieri antichi o inventandosene di nuovi. Quali? The Good Life ve ne racconta tre. Esemplari. 

Umbria.

C’è la scuola, c’è l’asilo, ma non ci sono ospedali, bar, supermercati, attività d’impresa… «E così molti giovani scappano dopo gli studi, verso la città». Viola Capotosti parla di Montecchio, in provincia di Terni, una tappa del suggestivo “cammino dei borghi silenti”, ma potrebbe parlare di molti altri borghi stupendi dell’Umbria, delle Marche, del Lazio ai piedi della dorsale appenninica. Ha studiato Design della comunicazione all’Università di Roma, ma ha trovato i propri studi troppo concentrati sul lato “estetico” della comunicazione: «Non basta evocare il piacere di tornare a una vita lenta, più legata alle risorse dei luoghi. Si deve partire dal miglioramento dei servizi, integrando strategie di comunicazione e ricerca sociale: come puoi trattenere i giovani, attirare nuove famiglie e smartworker se i servizi sono lontani, il trasporto insufficiente e i fitti esplodono per l’affluenza turistica?». È nato così “Gran Tour – Storie di Borghi”, progetto di Unicornia, ente di terzo settore che promuove trekking alla scoperta dei valori del territorio e una didattica legata ai mestieri e alle risorse dell’ambiente naturale dei luoghi. Con “I percorsi del Savio” partecipa al progetto dell’Unione dei Comuni romagnoli della Valle del Savio finanziato dal Pnrr, realizzando videoreportage online su persone, associazioni e imprese che spiccano per creatività e lungimiranza traducendole nella lingua dei segni.

Puglia

Gianluca Palma ha in tasca una Laurea in Cooperazione e sviluppo. Avrebbe potuto volare in qualunque parte del mondo, salendo a bordo di qualche Ong. Invece ha deciso di restare nel suo Salento: «Tutto è iniziato per caso. Nel 2010 apro un blog per “passeggiatori” sotto il titolo ironico di “Non c’è niente in quel paese”. L’intento era offrire un’alternativa ai centri commerciali come luoghi di ritrovo, in particolare per i giovani: si camminava alla scoperta dei nostri borghi, lontani dai soliti circuiti turistici». Il successo dell’iniziativa convinse i promotori a investire con lo stesso spirito su altri progetti. Nasce così “La scatola di latta” (scatoladilatta.it), un “progetto per fare progetti” di valorizzazione del territorio e il rafforzamento del senso di comunità. Tra questi, “Daìmon: A scuola per restare”: itinerante lungo le strade della Puglia, multidisciplinare, gratuita e accessibile a grandi e piccoli, con l’obiettivo di far loro ri-scoprire di paese in paese “i luoghi madre”, stimolando gli enti pubblici e privati locali allo scopo di “dis-educare” i ragazzi all’abbandono, imparando l’arte della cura, anzitutto delle proprie radici. Con “Spaesario Salentino”, invece, si va per borghi alla scoperta dei tesori della provincia Lecce. Mentre con “Sillabario d’impresa” s’invitano le aziende locali a farsi conoscere ospitando i propri conterranei per comporre tutti insieme una mappa concettuale delle loro attività. 

Piemonte.

A Valloriate, provincia di Cuneo, abita un solo giovane con meno di 30 anni. Di fronte a un destino di spopolamento, però, le comunità hanno reagito, anzitutto facendo squadra. Alla piccolissima Valloriate, 101 abitanti soltanto, si sono aggiunte Moiola, Rittana, Roccasparvera, costituendo un distretto culturale, formalizzato nel 2022, che rilanciasse la Valle Stura. «Ciascuna comunità ha scelto un linguaggio dell’arte con cui esprimersi sulla base del retroterra storico, che grazie a questa iniziativa è stato talvolta riscoperto», racconta Maria Arnolfo, che ha trasformato la sua passione per il trekking sostenibile in attivismo. Valloriate ha scelto il cinema, Moiola il teatro, Rittana la pittura, Roccasparvera la musica. E ciascun borgo ha lanciato iniziative, la più famosa delle quali è Nuovi Mondi Festival, dedicato al cinema. «In cinque anni attorno al festival si è creata una comunità di volontari quasi permanente, ha aperto un ristorante, una bar/alimentari, una bocciofila e un pastificio sociale», racconta Maria. Una comunità anche internazionale, commenta Alexia Catry con accento francese, che dall’Alta Savoia si è trasferita  in questa valle del Piemonte con il compagno. «A spingerci fu proprio il desiderio di riscoprire dopo tanti anni di vita cittadina un senso di comunità e un rapporto più immersivo con la natura. Ma non potevamo immaginare addirittura tutto questo».

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