Terra e mare, il doppio sogno di Pantelleria
Un giardino verde nel Mediterraneo, battuto dal sole e dal vento, dannazione e fortuna di Pantelleria, l’isola siciliana che colpisce sguardo e cuore, soprattutto sorprende. Lo fa grazie alla biodiversità di una natura unica, ricca di rocce rossastre, lava vulcanica, terra fertile e mare color zaffiro. Ma a sorprendere è anche il suo forte patrimonio identitario, espressione di un legame speciale tra l’uomo e il suo territorio. Non a caso, il claim del suo parco nazionale (parconazionalepantelleria.it), che occupa l’80% dell’isola ed è il primo parco siciliano dal 2016, recita: “Pantelleria, dove anche l’umanità è patrimonio”. Sì, perché a rendere vivibile questa terra irta e aspra, dove le piogge scarseggiano e il vento è inesorabile, è il lavoro dei suoi abitanti, i “panteschi”, impegnati ogni giorno e da millenni nell’impresa di coltivare questo lembo di Sicilia strappato alla terraferma e fertilizzato dai vapori umidi che si formano attorno al cucuzzolo del suo vulcano: viti, prima di tutto, ma anche i celeberrimi capperi. Eroica è la sua viticoltura, terrazzamenti che sfidano i venti e l’arsura, per produrre i vini bianchi tanto apprezzati e il rinomato Passito di Pantelleria: un sorso di vite e di vita.
il lago “specchio di venere” si trova sul fondo superstite di un’antica caldera: perimetro: 1,8 km; profondità: 12 m.
Difesa e tramandata nelle vigne e nelle cantine locali di Salvatore Murana e Fabrizio Basile, ma anche dalle grandi famiglie siciliane del vino come i Rallo e i Pellegrino, la viticoltura dell’isola è, a ogni vendemmia, un piccolo miracolo. A testimoniarlo è Nicola Poma, enologo di Pellegrino 1880, cantina nota per il suo marsala. Approdata a Pantelleria nel 1992, è oggi la più importante realtà produttiva di vino, che ricava da 300 ettari di terreno circa 15 000 mq di uva zibibbo da cui nascono le migliori Doc locali. L’unione fa la forza, specie in un luogo impervio da coltivare. L’obiettivo è recuperare e valorizzare le varietà autoctone dei vitigni, con la tradizionale pratica agricola della “vite ad alberello”, una prodezza talmente peculiare che, insieme all’arte dei muretti a secco – circa 10 000 km in tutta l’isola! –, è diventata Patrimonio Unesco. Qui le vigne sfiorano la terra per difendersi dal maestrale e dallo scirocco, sono coltivate in conche realizzate a mano per sfruttare ogni goccia d’acqua, tra terrazzamenti di pietra lavica che contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo. Un contesto che richiede un impegno di manodopera circa tre volte maggiore rispetto al fabbisogno medio di un vigneto, senza contare il mantenimento dei muretti. Ma umanità è anche ospitalità, saper trasmettere valori e conoscenza. È quello che fanno le cantine Basile nella contrada Bukkuram, Donnafugata e Murana a Khamma e Pellegrino a Kuddie Rosse con i loro tour enogastronomici, sono visitabili tutto l’anno e i loro fondatori sono i primi testimoni e i primi ciceroni. Spiegano l’aridocoltura, che rimedia alla siccità con l’umidità che viene trattenuta dal terreno e dalle rocce vulcaniche, che consente anche la crescita della pianta del cappero, allevata come la vite, e degli ulivi “striscianti” che non superano il metro, i cui rami si sviluppano paralleli al terreno grazie a delle pietre legate alle loro estremità che ne limitano la crescita in altezza. Al contrario, gli alberi di agrumi e da frutto godono di una protezione privilegiata all’interno dei “giardini panteschi”, alte costruzioni cilindriche di muretti a secco.
il lago “specchio di venere” si trova sul fondo superstite di un’antica caldera: perimetro: 1,8 km; profondità: 12 m.
“giardino pantesco” tipico dei dammusi, caratteristiche dimore arabe
Sull’isola ce ne sono oltre 400 e l’invito è quello di mettersi in cammino sulle tracce di questi sistemi agronomici di grande bellezza, autosufficienti dal punto di vista idrico che difendono le piante dalla siccità regalandogli un microclima salvifico e una produzione prospera. Entrando dalla porticina, si percepisce all’istante la sensazione di riparo dalle intemperie isolane. La conoscenza della vita contadina a Pantelleria, stimola il cosiddetto turismo attivo. Per esplorare al meglio la cultura del territorio, le zone naturali e i sentieri è stata attivata dal Parco Nazionale Isola di Pantelleria, oggi diretto da Sonia Anelli, l’iniziativa “Parco in Cammino” tra escursioni e attività all’aria aperta, tra le quali i tasting tour dove protagonisti sono i prodotti tipici del territorio: l’uva passa Zibibbo; il “cucuncio” sott’aceto che è il frutto della pianta del cappero, perfetto come aperitivo; i baci panteschi, dolcetti formati da due cialde fritte che si “baciano” al gusto di ricotta bovina; il passito che “vive più della vita dell’uomo” e si gusta seduti, come seduti si raccoglie l’uva di questa terra nascosta per il 70% sotto il livello del mare. La terra che emerge, infatti, è soltanto la punta di un vulcano profondo circa 1 200 m. Sott’acqua, c’è di più: le immersioni subacquee, sia di giorno che in notturna, rivelano un museo sottomarino ricco di reperti archeologici dove i frequentatori abituali sono aragoste, polipi, cernie, ricciole e murene giganti. Quest’ultime, cucinate in agrodolce, sono il cavallo di battaglia dello chef Alessandro Bonomo che con “Uddè cucina itinerante” propone a domicilio una cucina a km zero ideale per cene private, eventi e matrimoni. “Uddè”, in pantesco, significa “Colui che per passione ha una marcia in più”, come le 52 guide dell’Ente Parco. Un esempio? I percorsi termali, da Cala Gadìr alla Grotta di Benikulà, passando per il lago Bagno dell’Acqua che sorge nella caldera di un vulcano spento, soprannominato lo “Specchio di Venere” per via della leggenda che narra come la Dea della bellezza ivi si specchiasse prima d’unirsi a Bacco, dio del vino. Il mito è confermato da recenti ritrovamenti di un tempio a lei dedicato. Qui la temperatura dell’acqua varia tra i 40° e i 50° è satura di zolfo e il fondale fangoso con una spiaggetta che ne fa una perfetta spa naturale. Sul territorio isolano si snoda la rete di sentieri (21 per un totale di quasi 100 km), un tempo battute dall’asino pantesco, oggi regno degli escursionisti grazie alla Guardia Forestale. Percorsi trekking e a cavallo alla scoperta del Museo del Cappero e di quello Vulcanologico, del villaggio de I Sési (“Sése” in pantesco: cumulo di pietre grezze ammassate disordinatamente) cimitero di tombe neolitiche, del Faro di Punta Spadillo, dell’Arco la cui forma ricorda la proboscide dell’elefante, dell’aerodromo e del suo hangar sotterraneo. Testimonianza di un fatto accaduto nell’’800 è la Grotta dei Briganti vicino alla Montagna Grande, immersa nel Bosco delle Fate, dove si praticano meditazione e yoga. Pantelleria ha tanto da offrire. Bisogna andare, tornare, ritornare… Certe isole ti “abbracciano” più di altre. Merito degli abitanti. A Pantelleria, dove la terra è potente, l’umanità è patrimonio.