Sydney Sibilia, tra pirati e isola delle rose
Qual è il regista italiano che ha girato più film di pirati? I fan di Sergio Sollima e Luigi Capuano potrebbero rimanerci male, tutti gli altri cinefili in ascolto magari staranno per buttarsi sulla propria copia di Stracult per andare a verificare, ma sappiate che è fatica sprecata. C’è un cineasta in piena attività che, finora, ha girato cinque lungometraggi e in tutti e cinque i casi si tratta di film di pirati. Magari non nel senso che intendete voi: l’ultimo, uscito a inizio marzo, si chiama Mixed by Erry e parla di pirateria audiovisiva. Ma i più ricorderanno la trilogia di Smetto quando voglio (il primo uscito nel 2014, gli altri due nel 2017), sui ricercatori universitari falliti che decidono di arrotondare mettendosi a sintetizzare smart drugs, o ancora L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2020), sull’ingegnere bolognese (Giorgio Rosa) che, in pieno Sessantotto, si crea il suo bello Stato indipendente a largo della Riviera Romagnola, alla faccia dell’ordine costituito. «Effettivamente, se ci penso un po’ su, posso dire che giro film sui pirati», concorda Sydney Sibilia, «Chi è il pirata? Un fuorilegge con un codice d’onore, uno che si oppone alle regole ma ha regole morali tutte sue che non necessariamente coincidono con quelle dei Caraibi del Settecento, anzi. Sì, faccio film di pirati, ma non in maniera consapevole. Questo perché, quando scegli un soggetto, dev’essere sempre una scelta di pancia, sennò va a finire che ti annoi. Un film, dopotutto, significa tre anni della tua vita».
A interpretare i fratelli Frattasio sono gli attori Luigi D'Oriano, Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo.
La vera storia del primo falso in formato audiocassetta
Salernitano, classe 1981, Sibilia dal 2007 vive e lavora a Roma, dove ci ha messo poco a imporsi come uno dei cineasti di riferimento della nostra nuova commedia. Merito del successo straordinario del ciclo di Smetto quando voglio, certo, del talento nel mescolare i generi, ma anche di un certo fiuto nello scegliere storie vere incredibili, incredibilmente poco note al grande pubblico. È il caso di Mixed by Erry, vero e proprio brand del falso in formato audiocassetta, nato a Napoli – quartiere Forcella – nella seconda metà degli Anni 80. «Come tutti i campani che in quel periodo erano ragazzi», racconta Sibilia, «conoscevo Mixed by Erry in quanto… cliente. Da bambino è stato l’unica fonte della mia cultura musicale. Da grande, in giro per casa, avevo ancora queste cassette e ogni tanto, con qualche amico, mi chiedevo: chissà poi chi era veramente questo “Mixed by Erry”. Mi è bastato fare un giro sul web per capire che, innanzitutto, non era uno ma trino e non solo non si nascondeva, ma era addirittura contattabile sui social». La storia dei fratelli Frattasio, dal ventre di Napoli ai soldi facili negli anni di Maradona regnante e poi al carcere, affascina subito Sibilia e il suo vulcanico sceneggiatore Armando Festa, ma perché si arrivi all’idea di girarci un film deve scoccare una scintilla: «Enrico Frattasio, a un certo punto di una nostra chiacchierata, mi disse una cosa: io volevo solo fare il deejay. Fu una vera illuminazione: a quel punto capimmo che la storia stava perfettamente in piedi». Mixed by Erry, per Sibilia, è stata la prima volta di molte cose: «Prima volta che la gente guardava un mio film e sentiva l’esigenza di dirmelo, scrivendomi».
La Napoli di Mixed by Erry così lontana dai clichè partenopei
Era la prima volta che raccontava esplicitamente Napoli, città-mondo così lontana, così vicina dal posto da cui proviene, per migliaia di volte set cinematografico grande o piccolo: «Lo dico senza piaggeria: Napoli è la città in cui mi sono trovato meglio a girare. Perché è accogliente, vanitosa, fotogenica: è una città che si mette in posa. Ho scoperto che in realtà la conoscevo poco. E per la prima volta mi è capitato di cambiare la sceneggiatura, adattandola a posti in cui mi imbattevo per caso. E poi, adesso, quando parliamo di cinema, c’è un’industria, ci sono le professionalità. Insomma: vai a girare lì e capisci come mai si fanno tutti questi film a Napoli». Ma guai a giocare sul cliché dei napoletani tutti bravi a recitare, perché spontaneamente teatrali: «La cosa bella di Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo, protagonisti di Mixed by Erry», ci tiene a rimarcare Sibilia, «è che nonostante la giovane età sono attori tecnici».
I suoi precedenti film si reggevano tutti su attori affermati: dal notevole cast di Smetto quando voglio, che andava da Edoardo Leo a Stefano Fresi passando per Valerio Aprea, a Elio Germano e Matilda De Angelis per l’Isola delle Rose. «Stavolta, raccontando la storia di tre ragazzi, non potevi non scegliere degli esordienti. La sorpresa è stata trovare in questi tre ragazzi tempi comici formidabili, un po’ come Edoardo Leo. Sono doti che si acquistano lavorandoci su, e loro ce le hanno. Non è un dettaglio».
Così come non è un dettaglio l’utilizzo delle musiche in Mixed by Erry: si va dai Jackson 5 di I Want You Back a Sweet Dreams degli Eurythmics, con un’unica concessione al napoletano che è già un napoletano sanremese, “aulico”: E mò e mò di Peppino Di Capri. «Selezione internazionale e italiana insieme, per riportare la suggestione delle compilation di Mixed by Erry. Lo stesso Enrico Frattasio veniva sul set e mi diceva: “Sidney, qui mettiamo questa, qui mettiamo quella…” Ho cercato di assecondarlo, ma non su tutto. A un certo punto gli ho dovuto dire: “Enrì, qua i diritti si pagano… così viene fuori una colonna sonora da cinque milioni di euro», sorride. In ogni caso Mixed by Erry si chiude con ‘O Dj di Liberato «che è il più napoletano di tutti. Sono un suo grande fan».
Prima immagine di "Hanno ucciso l’Uomo Ragno", serie Tv biopic degli 883 prodotta da Sky.
Hanno ucciso l’uomo ragno: la serie tv Sky biopic degli 883
Ci sarà molta musica anche nel prossimo progetto di Sibilia “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, serie Tv biopic degli 883 prodotta da Sky. «È uno dei motivi per cui, in questo periodo, passo granparte della mia settimana a Pavia, leggo e ascolto un po’ tutto quello che usciva all’epoca, il rock, il punk, il pop… La storia di Max Pezzali e Mauro Repetto è bellissima: due ragazzi che vengono dalla provincia e, nel bel mezzo dell’Italia provinciale degli Anni 90, mettono su un progetto musicale che vende qualcosa come cinque milioni di copie. Anch’io vengo dalla provincia. Una provincia diversa da quella pavese, certo, ma non nascondo che nella storia degli 883 un po’ mi ci identifico». Tutto si tiene: anche nell’avventura di Pezzali e Repetto, non esattamente due predestinati, c’era qualcosa di “piratesco”. Al contrario, nei film di Sibilia l’ordine costituito, quelli che sulla carta dovrebbero essere i buoni, alla fine esce fuori che sono i veri villain. Si può dire che Sibilia è un regista politico? «Sicuramente un risvolto politico nel mio cinema c’è», risponde. «Mi ritengo un regista di intrattenimento, ma anche l’intrattenimento deve contenere qualcosa di profondo. A me preme dire qualcosa… È per questo che i protagonisti dei miei film, a un certo punto, si abbandonano a riflessioni su tutto quello che gira loro intorno». Smetto quando voglio, secondo qualcuno, è I soliti ignoti dei recenti Anni 10. Deve essere una bella responsabilità sentirsi addosso il peso dell’eredità della commedia all’italiana, ma Sibilia non la vede in questo modo: «Sono orgoglioso di far parte dell’industria italiana del cinema, e già è tanto. Non tutti i Paesi hanno un’industria riconducibile a brand così forti come la commedia all’italiana. Noi ce l’abbiamo ed è una grande fortuna. Della commedia all’italiana resto un grande appassionato». Il regista salernitano, quando punta la macchina da presa, non ha comunque uno “spirito guida” tra i grandi registi del passato: «Mi sono avvicinato a quest’arte da fan dei film, più che dei registi. Ho pellicole di riferimento, più che registi. E i film con i quali mi confronto sono di due tipi: cose che ho visto di recente e cose sedimentate nell’ipotalamo. Per esempio ho in testa tutto Verdone, tutto Virzì, tutto Troisi, ma anche Ritorno al Futuro, Grosso guaio a Chinatown, Karate Kid, Terminator e Robocop. Cose fuse insieme. Si può dire che lo strano miscuglio che ne esce è il mio cinema».
Sul dibattito tra sale e piattaforme di streaming è molto laico: «Il mondo non lo puoi fermare. Le piattaforme hanno sicuramente aumentato la pluralità dei generi, ci hanno permesso di scoprire cose nuove. Ora magari sembra ci sia un po’ di casino, ma sono convinto che presto le acque si tranquillizzeranno e tornerà ordine. Sarà che sono un inguaribile ottimista, ma vedo molte più opportunità rispetto a quando ho cominciato. Per chi fa cinema, ma anche per chi ne fruisce». In Mixed by Erry ha filmato il primo scudetto del Napoli, ma un film di Sydney Sibilia sulla storica promozione in serie A della Salernitana di Delio Rossi nel 1998 lo vedremo mai? «No», risponde, «perché sarei troppo coinvolto. Non riesci a fare un buon film quando sei troppo coinvolto. Film così li fai più avanti negli anni, quando ti metti a parlare di te stesso». L’orizzonte è ancora ampio davanti a Sydney: c’è un mare di storie da raccontare. Sempre in direzione ostinata e contraria.