Sogno (orientale) d’amore
Si chiama Áo dài il protagonista di questi scatti. È l’abito femminile della tradizione vietnamita, continuamente reinterpretato e mai abbandonato nel mondo polveroso del disuso o della nostalgia. Lo si vede spesso per le strade del Paese, indossato da donne di ogni età. Come le modelle ritratte da Chiron Duong, che – rivela – per realizzare il suo progetto fotografico ha chiamato a raccolta le amiche, «comprese la nonna e la mamma»: 365 giorni dedicati all’abito femminile rappresentativo dell’identità nazionale.
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Nella filosofia di Duong, significa «celebrare la diversità del mondo intero». Questa la teoria. Poi, quando ci si trova davanti ai suoi scatti, il film è tutto un altro: niente di classico accompagna gli abiti tradizionali, né nella composizione fotografica, né nella scelta dei colori, né nello stile. Il linguaggio di Duong va oltre la moda, per definire un codice artistico autonomo, forse veramente frutto di un attento lavoro analitico su di sé. Per capire veramente «chi sono io e quali sono le mie origini», spiega, «ho imparato a essere grato a queste ultime e a colmare il divario tra tradizione e modernità. Ma il percorso è iniziato interrogandomi sul mio stile fotografico: nasce dalla mia cultura? E in che misura dice di questa?».
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Niente di più emblematico per dare una risposta a questi interrogativi che scegliere l’Áo dài, variamente reinterpretato nella storia per soddisfare le esigenze del suo pubblico, ma anche fedele alla linea, la sua. L’Áo dài, dunque, è un classico vietnamita. Visto da un altro punto di vista, potrebbe essere un luogo comune, un po’ come l’abito elegante da indossare alla cresima della nipote oppure la pizza a rappresentare l’Italia. Perfetto dunque per dare forma al progetto di Duong: «È un simbolo del Vietnam e voglio difenderlo dalle appropriazioni culturali che subisce in conseguenza del fatto che molti stilisti stranieri lo hanno fatto proprio, così come i giovani lo hanno rinnovato incuranti della sua storia. L’Áo dài si è evoluto e si è adattato a ogni epoca, mantenendo però le sue caratteristiche di morbidezza, eleganza, grazia che esaltano il portamento delicato di chi lo indossa». L’abito fa il monaco? Qui sono entrambi a essere vestiti, dei propri valori tradizionali come delle diverse identità individuali. Piuttosto, è lo sguardo a rendere unico il progetto di Duong, che osserva quotidianamente il vestito del Vietnam, la modella, il colore, la luce e il movimento. Nessuno scatto, infatti, racconta la staticità.
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Non c’è stasi nell’Áo Dài, come non c’è nella vita e neppure nelle emozioni. «Il mio stile fotografico è associato a emozioni contrastanti: ottimismo e malinconia, morbidezza e forza, gloria e decadimento. A rappresentarli interviene il movimento che è perfetto anche per descrivere la grazia delicata dell’Áo Dài, in una condivisione spirituale con lo spettatore». Già, non ci avevo pensato: in effetti il mio sguardo è finito proprio nelle maglie di un movimento fermato nel suo muoversi. Estatico nel suo dinamismo. Così occidentale da apparire profondamente orientale, oppure viceversa. Ecco, forse la magia è riuscita davvero: rappresentare l’identità di un popolo nella celebrazione della diversità globale. Perché lo spettatore non può non metterci del suo: la lettura è soggettiva. Anzi, come sottolinea Duong, è soggettiva e oggettiva al contempo.
E sono i colori a garantire la riuscita del gioco. «Le palette colore asiatiche sono decisamente particolari perché storicamente non solo sono vivaci e rassicuranti, ma hanno anche una funzione liberatoria. E io le ho utilizzate perché le mie fotografie potessero rappresentare i misteri, il folklore e le credenze tradizionali. Ma tenendo sempre presente le interferenze dell’Asia con la cultura occidentale». Beh, il titolo: Portraits Áo dài: Hope for Peace and Love. La speranza è quella di scardinare i pregiudizi: «Lo sa qual è il più diffuso? Credere che il Vietnam sia un luogo di guerre. La mia generazione è nata in un periodo di pace e ho bisogno di dirlo al mondo. Di dire al mondo che la pace e l’amore sono valori universali». Dai colori orientali.