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Ruanda

Ruanda, che sorpresa

L’elenco dei motivi per visitare il Ruanda si allunga. Ai vulcani, ai laghi tempestati di isole e alle foreste abitate da un’opulenta biodiversità preservata con lungimiranza si sommano grandi concerti, eventi d’arte contemporanea e tour inediti che fanno dialogare la cultura con le mete classiche di un viaggio di scoperta. A 30 anni dal genocidio che ha insanguinato queste terre (100 terribili giorni dal 7 aprile al 15 luglio 1994), la politica del perdono ha portato alla riconciliazione le due principali etnie nazionali – Tutsi e Hutu – consentendo al Ruanda di diventare uno dei Paesi più sicuri del continente. Il fotografo sudafricano Pieter Hugo (autore dieci anni fa del progetto Rwanda 20 Years: Portraits of Reconciliation, che ritrae fianco a fianco sopravvissuti Tutsi e carnefici Hutu) ha riassunto: «Queste persone non possono andare da nessun’altra parte: devono fare la pace. Il perdono non nasce da un vago senso di benevolenza, ma dall’istinto di sopravvivenza». Tant’è che questa vicenda dolorosa e complessa la si è guardata dritta negli occhi e, dal 2004, nella capitale Kigali viene onorata al Genocide Memorial, luogo di “ricordo e conoscenza”. Il Ruanda si è conquistato un posto in prima fila nel riscrivere la narrativa dell’Africa. Pioniere nel campo, Praveen Mo-man, definito dal Financial Times “ambientalista visionario”. L’epopea della sua famiglia è questa. I Moman si trasferiscono dall’India in Uganda alla fine degli Anni 30 e ne vengono espulsi dal regime di Idi Amin Dada negli Anni 70. Praveen studia in Inghilterra, ma per il mal d’Africa c’è una sola cura, tornarci. Nel 1997 fonda Volcanoes Safaris (volcanoessafaris.com) che, nel 2000, diventa il primo tour operator straniero a organizzare viaggi in Ruanda. Nel 2004 inaugura Virunga Lodge, prima struttura ricettiva di una compagnia internazionale al Volcanoes National Park: viene così rilanciato il turismo legato al gorilla tracking, ovvero andare a vedere i gorilla nel loro habitat naturale. Una di quelle esperienze da provare almeno una volta nella vita, possibile solo in Ruanda e nel confinante Uganda. «Quando avevo 12 anni», racconta Praveen, «andai a camminare ai piedi dei vulcani Virunga con mio padre. Mi ritrovai in un paradiso perduto vegliato dagli otto vulcani ammantati da un’eterea foresta afro-montana. Allora ho sentito parlare per la prima volta del lavoro di Dian Fossey sui gorilla di montagna». La zoologa americana, uccisa dai bracconieri nel 1985, dopo 20 anni passati sui Virunga a studiare e proteggere i grandi primati, diventa un’icona globale con il volto di Sigourney Weaver, nel 1988, nel film Gorilla nella nebbia. Oggi sui Virunga vigila il Dian Fossey Gorilla Fund, che “protegge i gorilla e le foreste, aiutando anche le persone che vivono vicino a loro”. Dal 2022, il Fund ha una nuova sede, il campus Ellen DeGeneres sponsorizzato dalla star della Tv americana e da sua moglie Portia de Rossi. La struttura funge anche da centro visitatori del Volcanoes National Park e ospita mostre interattive sulla storia della conservazione dei gorilla, più la ricostruzione della mitica capanna nella foresta dove ha vissuto Fossey. Proprio dal Fund arriva un’altra buona notizia: «I gorilla di montagna rappresentano una rara storia di successo nella conservazione. Sono l’unica grande scimmia non umana il cui numero è in aumento, un caso eccezionale in un momento in cui un milione di piante e animali sono a rischio estinzione». La cifra precisa non si sa perché i gorilla, che vivono in famiglie, si spostano in continuazione e per contarli, a oggi, non è possibile attraversare i confini con l’adiacente e martoriata Repubblica Democratica del Congo. Si è rimasti al censimento del 2018, anno in cui in Ruanda gli esemplari erano 600. Un metro sulla loro crescita arriva da Kwita Izina, cerimonia che il primo settembre di ogni anno dà un nome ai gorilla nati negli ultimi 12 mesi: nel 2023, sono stati battezzati 23 cuccioli (i loro nomi riflettono lo spirito dei tempi, vedi Uburinganire, che significa parità di genere). Tornando a Praveen, nel 2009 fonda il Volcanoes Safaris Partnership Trust, non-profit impegnata in «progetti a lungo termine e autosufficienti per arricchire i mezzi di sussistenza delle comunità locali, promuovere la conservazione delle grandi scimmie, ripristinare gli habitat naturali e collaborare con le comunità e le istituzioni per ridurre i conflitti tra uomo e natura».

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virunga lodge: dal 2004, offre dieci banda (cottage dal tetto in vegetazione)

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una sala del modern king’s palace museum.

Quest’anno, il Trust inaugura un centro professionale per fornire ai giovani formazione e apprendistato nelle arti della falegnameria e della sartoria. L’elenco di persone che stanno cambiando la narrativa africana include Kweku Mandela, nipote di Nelson e promotore del progetto Move Afrika, un evento musicale che ha esordito il 6 dicembre scorso a Kigali e che nei prossimi anni si trasformerà in tour. Partendo dal Ruanda, porterà una serie di musicisti in altri cinque Paesi africani (info su globalcitizen.org): «Stiamo posando una pietra miliare nella storia dei tour live e dell’economia creativa dell’Africa. Continente che vanta la popolazione più giovane del mondo, oltre 700 milioni di persone con un’età media di 19 anni». Così, alla Bk Arena si è esibito l’americano Kendrick Lamar, abituale vincitore di Grammy e primo rapper insignito del premio Pulitzer. Sul palco, con lui, 70 ballerini della Sherrie Silver Foundation, fondazione della coreografa ruandese Sherrie Silver che introduce ragazze e ragazzi al mondo della danza. Sul palco, prima di Lamar, la star locale Bruce Melodie, il cui afrobeat ha valicato i confini grazie al recente featuring con Shaggy nell’hit When She’s Around. A battezzare la solennità dell’evento, Paul Kagame, presidente della Repubblica dal 2000, che ha parlato all’audience in un anticipo di campagna elettorale (visto che a luglio si terranno le elezioni): «Lavorando insieme, il nostro continente è forte e può affrontare la maggior parte delle sfide». In attesa che Move Afrika diventi un appuntamento fisso, quest’anno a luglio, in un anfiteatro nel complesso del Kigali Genocide Memorial, si terrà la decima edizione dell’Ubumuntu Arts Festival, che riunisce artisti da tutto il mondo in un happening di danza, teatro e musica. Conoscere il Ruanda attraverso la sua arte è l’ispirazione di un’altra buona notizia che arriva da lì: Interlude Rwanda. Una serie di tour che si tengono da marzo a settembre (prenotazioni al sito Uber Luxe Safaris, uberluxesafaris.com), durante i quali non si perde nessuno degli highlight del Paese, abbinandoli alla scoperta del lavoro di nove artisti contemporanei allestiti in location come il Modern King’s Palace Museum, il Rwanda Art Museum e il Lago Ruhondo. Interlude Rwanda nasce dall’idea dell’italiana Cristina Romelli Gervasoni, l’esperta di arte che ha lanciato, tra le altre cose, la Dubai Design Week, e della ruandese Bonita Mutoni, fondatrice di Uber Luxe Safaris. Bonita riassume la scena culturale del suo Paese: «Molti artisti si sono formati da lì, senza un background accademico, ma con una fervente passione per la sperimentazione e l’autenticità. Questo approccio traspare nella varietà di stili e tecniche: pittura, costume e scultura si mescolano all’arte performativa dove il corpo stesso diventa strumento di comunicazione, a testimonianza del forte senso di libertà esplorativa e contaminazione culturale».

veduta aerea del nyungwe forest national park, che conserva 1 100 specie di piante, 345 di uccelli e 85 di mammiferi, tra i quali 13 primati africani.

performance di ibisazi designers nyabyo.

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a new life in the village (2019) dell’artista cedric mizero

Così, per Interlude Rwanda il collettivo Ibisazi Designers Nyabyo va in scena al Rwanda Art Museum; il pittore Dusabe King e lo scultore Brave Tangz sono ospiti al Modern King’s Palace; Cedric Mizero, già visto in Italia durante la fiera di arte e design Nomad Capri 2023, svela un’installazione al Lago Ruhondo. Per i gourmand non manca una cena creata da chef Dieuveil Malonga che, con il ristorante Meza Malonga di Kigali, ha portato la cucina africana nei radar della gastronomia internazionale (la guida Michelin l’ha inserito tra i cuochi che stanno cambiando il mondo). Buone notizie anche da un’altra area protetta ruandese, il Nyungwe Forest National Park, dove i ranger sono ex bracconieri: paga di più preservare la natura che distruggerla. Oltre agli incontri ravvicinati con gli scimpanzè, si fa canopy walk: si ammira la foresta da una prospettiva zenitale su ponti sospesi a 70 m sopra le cime degli alberi. Nyungwe è gestito dalla non-profit African Parks come l’Akagera National Park, bell’esempio di recupero ambientale in un Paese all’avanguardia sull’argomento (giusto per dirne una, il Ruanda ha bandito la plastica monouso dal 2008). Nel 1994, era un’area invasa da oltre 30 000 capi di bestiame; nel 1999 viene eliminato il bracconaggio; tra il 2015 e il 2017 vengono reintrodotti leoni e rinoceronti neri; nel 2021 arrivano i rinoceronti bianchi; oggi ospita 12 000 animali, dei 5 000 che erano nel 2010. Buone notizie anche per chi vuole la vacanza active. Lungo le sponde del Lago Kivu si può percorrere a piedi o in mountain bike il Congo Nile Trail. Si attraversano piantagioni di tè, villaggi e parchi, e si fanno esperienze come partecipare alla produzione dell’ikigage, la birra locale. L’unione tra natura e folklore non è mai stata così inebriante.

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