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Rotterdam

Rotterdam rigenerazione green

Non è affatto strano che, da qualche tempo, aggirandosi tra i docks del porto di Rotterdam, tra le sirene delle navi e i rumori dei container movimentati dalle gru, riuscire a sentire un muggito di mucca. Non lo è perché, nel bel mezzo del porto più grande d’Europa, una piattaforma galleggiante chiamata Floating Farm ospita 40 mucche dalle quali si ricavano ogni giorno 800 litri di latte, il tutto prodotto in modo naturale. Tuttavia, il muggito delle mucche in porto è soltanto il lato più curioso di questo ampio progetto circolare all’insegna della transizione ecologica che vede protagonisti anche i pannelli solari, a loro volta galleggianti, usati per il fabbisogno della struttura, e l’acqua piovana che viene raccolta sui tetti, purificata e resa potabile per le mucche e per il mangime utilizzato per alimentarle. È così che la città olandese mira a sensibilizzare sul problema della riduzione dei terreni coltivabili e sulle sue possibili alternative. Se dall’area portuale di Merwehaven, dove si trova la Floating Farm, ci si sposta in direzione del centro città e si sale al settimo piano di un edificio lastricato di orti, all’inizio di Schiekade – magari attratti dallo all day brunch del ristorante Ted’s o dai banana pancake sfornati ogni giorno alle 16 –, il coccodé che si sente proviene dalle galline che girano liberamente sotto i tavoli del ristorante con i grattacieli a fare da sfondo agli orti. Sono scene di una Rotterdam diversa che si sovrappongono a quelle già note e che la trasformano in un laboratorio dell’architettua contemporanea che ormai pensa e agisce in modo sostenibile. E non perché questo faccia tendenza, come accade più o meno in tutto il resto del mondo. A Rotterdam, da brava città olandese, quando ci si mette in testa di fare una cosa, soprattutto cambiare (verbo a cui la città è assuefatta), lo si fa. Malgrado poi il venerdi sera scatti una sorta di liberi tutti e le biciclette vengano parcheggiate, per non dire buttate, sui marciapiede come capita.

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floating farm: una fattoria nel bel mezzo dell’area portuale della città.

A Rotterdam hanno preso molto sul serio l’obiettivo di rendere la città più green e sostenibile. Del resto i primi “verdi” apparvero proprio in questo Paese, ad Amsterdam, negli Anni 60 e si chiamavano Provos. E se si gratta il primo strato della superficie della città, che anno dopo anno aggiunge sempre nuovi grattacieli al suo skyline, sotto sotto si trova lo spirito della campagna. Accade, per esempio, alla stazione Spijkenisse Centrum della metropolitana, linee C e D, dove, accanto al nome scritto sul marciapiede, una grande fotografia mostra le mucche al pascolo. O presso la biblioteca di Spijkenisse, un edificio piramidale il cui tetto ha precisamente la forma di quelli delle fattorie della campagna olandese. Quanto al nome, Boekenberg, in olandese montagna di libri, si rifà al fatto che, all’interno, sia stata eretta una sorta di montagna ricoperta di libri che si ascende, piano dopo piano e libro dopo libro, attraverso una scala lunga 480 m e che le gira tutt’intorno. Continuando a muoversi all’interno di Rotterdam, percorrendo uno qualsiasi dei lati di questo bacino portuale, si può intuire che tra qualche anno si vedrà sorgere una selva di nuovi grattacieli che guardano dall’alto spiagge e giardini galleggianti. Ma frattanto il Floating Office, insieme ad alcune case a loro volta galleggianti, c’è già. E dalla rotonda Hofplein, importante snodo viario, parte un curioso camminamento sopraelevato in legno di colore giallo che si chiama Luchtsingel e che conduce al Luchtpark, un segmento – l’unico già aperto – di un progetto che si chiama Hofbogenpark e che trasformerà i circa due chilometri di una linea ferroviaria con annessa stazione – Hofplein – in un parco sopraelevato con alberi, accompagnato da aiuole e sedute sparse qua e là. Il progetto ha anche un significato simbolico visto che la ferrovia, Hofpleinlijn, passata sul viadotto per circa cento anni, collegava Rotterdam all’Aja e infine alla costa, avvicinando la dimensione urbana della città ai polder e alle dune, tipici del paesaggio olandese. Per ritrovare la natura e dimenticarsi di essere in una grande città, basta un viaggio di una quindicina di minuti sulla linea C della metropolitana fino a Capelle Centrum o De Terp. Da qui, dirigendosi a piedi in una bella passeggiata prima verso Schollebos e poi Schollevaar, si attraversano boschi, canali e zone residenziali affacciate sull’acqua dalle quali poter vedere scene, non inusuali, di cavalli al pascolo e persone intente a pescare in placidi ruscelli.

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schollebos, la grande area verde ai margini della città

O basta andare, più vicino al centro, al Kralingse Bos, un lago circondato da un parco dove, tra il verde, si vedono affascinanti ed evocativi mulini a vento. È per paesaggi del genere che le decine di progetti che stanno dando a Rotterdam sempre più il volto di città verde e sostenibile, non devono apparire calati dall’alto, ma la continuazione in chiave contemporanea di ciò che di verde e naturale in città, o nei suoi immediati dintorni, c’è già. L’architetto Giovanni Bellotti di Studio Ossidiana, con base nella città (vedere l’intervista nelle pagine seguenti, ndr) dice che Rotterdam riesce facilmente a reinventarsi, grazie alla sua permeabilità ai cambiamenti. Una caratteristica acquisita all’indomani della Seconda guerra mondiale, quando, il fatto di essere stata pressoché distrutta dai bombardamenti e ricostruita – e di quella stagione restano scritte sui mattoni rosso bruno di molti edifici, pagine affascinanti di funzionalismo nordico – ha significato creare una base anche culturale in grado di sostenere i nuovi esperimenti seguiti. Tutti i grandi progetti urbanistici che vedono o vedranno al centro la città – molti dei quali riguardanti le sue acque fluviali e marine – fanno i conti con la sostenibilità. Per avere un’idea del più importante, bisogna seguire il corso della Mosa che dal centro di Rotterdam va verso il mare, e, superata la linea costiera di Hoek van Holland, giungere a Maasvlakte 2: il terminal che rappresenta la rivoluzione per il porto di Rotterdam. La nuova area portuale, collocata in mare aperto, ha superato i problemi di pescaggio che aveva il porto in quanto costruito lungo un fiume – come accade in altri porti fluviali europei – e consentito l’accesso a navi portacontainer sempre più grandi. Dal punto di vista ambientale il nuovo terminal è pertanto diventato sostenibile, opera a emissioni zero, riducendo lo spostamento su camion a favore di chiatte e treni e utilizzando l’energia prodotta da pale eoliche montate nell’area portuale. La Watersquare Benthemplein, anch’essa  attinente allo stretto rapporto tra Rotterdam e l’acqua, ma con una portata molto più modesta, a prima vista, sembra uno spazio pubblico polifunzionale simile a tanti altri, ma in realtà funge da bacino di raccolta delle acque piovane. Progettata dallo studio multidisciplinare di design urbano e progettazione del paesaggio De Urbanisten e finanziata dalla Città di Rotterdam come misura per fronteggiare i cambiamenti climatici. Nella realizzazione della Watersquare, i progettisti per valutare l’impatto dell’opera hanno tenuto in considerazione il punto di vista dei residenti e di studenti e insegnanti di due scuole che si affacciano sull’area interessata. Anche per il deposito-museo Depot Boijmans Van Beuningen, divenuto il nuovo simbolo di Rotterdam, la sostenibilità ha giocato un ruolo chiave. L’opera, che dall’esterno sembra un vaso alto 39 m, ha stravolto il rapporto tra il deposito e il museo Boijmans Van Beuningen (che riaprirà nel 2026). A quest’ultimo saranno affidate le mostre temporanee mentre il deposito manterrà l’esposizione permanente della collezione museale. Nel Depot temperatura e umidità sono controllate elettricamente, per limitare le dispersioni l’energia è ottenuta da pannelli fotovoltaici posizionati sul tetto, l’acqua piovana è immagazzinata nel sottosuolo, mentre il tetto ospita un bosco pensile di betulle, che sembrano piante che fuoriescono dal grande vaso. Rotterdam è davvero grande e ciò che si riesce a vedere è sempre meno di ciò che la città ha da offrire. Vero è che l’amministrazione comunale sta facendo cospicui investimenti in termini di marketing per promuoverla, ma la verità è che le cose, tante, in città ci sono davvero.

kralingse bos parco con lago

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parco giochi realizzato con pale eoliche dismesse.

Nella prefazione al bel libro Habitat Rotterdam, Anne van der Zwaag, direttrice della manifestazione Object Rotterdam, dice che per vedere la città bisogna vagare, uscire dai sentieri più battuti, dirigersi verso i suoi angoli più remoti. È così che si troverà, nella zona di Rotterdam Noord, all’interno di un grande complesso di appartamenti per anziani, a De Wasserij: ex lavanderia di un ospedale divenuta un centro votato alla moda in cui creativi, studenti e chiunque operi nel settore, s’incontra, collabora e scambia reciproche conoscenze. Privilegiando materiali sostenibili, risorse locali e slow fashion. Oltre a decine di atelier di stilisti,  De Wasserij ospita anche The Swapshop, un negozio di abiti usati che funziona così: per ciascun indumento portato e a seconda della sua qualità si ottengono dei punti, spendibili per avere sconti su ciò che si acquista. 

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Il depot boijmans van beuningen

Nel vicino quartiere Oude Noorden abitato perlopiù da immigrati, si scoprirà, invece, all’interno di una corte, Kinderparadijs Meidoorn: un parco giochi in cui cinque pale eoliche dismesse, opportunamente smontate e posizionate, sono divenute esse stesse giochi per bambini. Il progetto è di Superuse Studios, pioniere nell’architettura circolare e nel riuso di materiali. Il ponte Erasmus, fino a pochi anni fa uno dei landmark di Rotterdam, poi superato da altri in una città che brucia in fretta i suoi simboli, di solito lo si scavalca in sella alla bicicletta, con i tram che lo attraversano o si passa nel sottosuolo con le linee D ed E della metropolitana. Ma un approccio più lento porta a scoprire, dal lato di Leuvehaven, delle aiuole-giardino contenenti vegetazione selvatica che una vista d’insieme restituisce come spezzoni di prateria urbana. Ne è autore il grande paesaggista olandese Piet Oudolf, che com’è suo solito anche qui ha usato piante spontanee. Facile da dirsi ma difficile da farsi, perché queste erbacce – così qualcuno le chiama – vanno sistemate insieme e soprattutto immaginate nell’aspetto che assumeranno nelle varie stagioni. La lezione del piccolo giardino, erbacce a parte, ben può adattarsi a Rotterdam: in cui tante cose, anche diverse tra loro, sono messe insieme e immaginate nel futuro

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