
Mumbai: la Manhattan indiana
Gli eccessi e lo splendore di Mumbai sono il risultato di una storia densa. Da villaggio di pescatori, 500 anni fa s’è trasformata in una metropoli tentacolare stretta su una striscia di terreno che scorre nel Mar Arabico. La Natura ha avvolto Bombay (come era conosciuta in passato) sin dalle sue origini, quando il suo nome rifletteva l’essenza di “buona baia” accoccolata tra sette isole che bonifiche e pressioni commerciali trasformarono in un’unica entità. La regione metropolitana conta una popolazione di circa 21 mln di abitanti, che si prevede aumenterà fino a 25 mln entro il 2030-33. La pressione sociale, economica e demografica ha indirizzato un processo di bonifica del territorio che l’ha plasmata esponendola nel tempo ai rischi come l’innalzamento regionale del livello del mare, mareggiate, cicloni, ondate di caldo e inondazioni interne. «Io vivo in periferia, lì dove la foresta di Aarey e il Parco Sanjay Gandhi danno ancora ospitalità a gruppi tribali, gli Aadivasi», spiega Deepti Talpade, esperta di Urban Development and Resilience del World Resources Institute India. La foresta nella città di Mumbai, ci spiega, è un terreno conteso. Viene costantemente riconfigurato da enti governativi, che cercano di allontanarvi le comunità locali, mentre attivisti ambientali e accademici, che si interrogano sulla giusta distanza tre le aree cuscinetto, quelle abitabili dagli Aadivasi e i terreni edificabili. Mumbai è una città-isola, ricorda Talpade: «La parte più antica, delimitata dal torrente Mahim e dal fiume Mithi, a Nord, nasce a seguito di una bonifica collegando sette isole a sud dell’attuale quartiere Bandra», il più amato da artisti, designer ed expat. «Ne nacquero diverse aree “basse” che si trovano appena al di sopra del livello medio del mare e sono cronicamente colpite da inondazioni monsoniche e maree. La parte settentrionale di Mumbai è invece collinare e ospita la foresta del Parco Nazionale Sanjay Gandhi, che suddivide la periferia di Mumbai in occidentale e orientale. È l’unica megalopoli al mondo ad avere una foresta al suo interno».

marina drive, il lungomare a forma di banana.

l’ornamentale flora fountain, nel quartiere degli affari di fort, è un simbolo della città.
Il cuore economico e finanziario della nazione non può smettere di battere e il costante afflusso di popolazione ha portato alla crescita incontrollata di insediamenti informali accanto alle industrie hi-tech. La soluzione è stata la nascita, a opera soprattutto di privati, di quartieri: esempio recente è il Jio center del Bandra Kurla Complex di Mumbai, alle porte della omonima vivace zona suburbana della città, opera della famiglia Ambani, una delle più ricche al mondo. «Parliamo di un’area già pesantemente edificata, lungo fiume Mithi, apparentemente costruita in modo da essere resiliente rispetto a eventuali inondazioni. Progetti del genere sono fondamentali per il sobborgo cittadino, ma la pressione delle lobby dei costruttori è fortissima e sarebbe fondamentale un impianto di leggi più stringente per quanto riguarda cementificazione e protezione dei bacini d’acqua» continua Talpade. La protezione del verde cittadino e dei parchi storici, quale parte integrante della storia urbana, sono più sentiti nel ricco Sud. Non è un caso: fin dalla sua nascita, imprenditori e filantropi provenienti da diverse comunità, come David Sassoon, Jamshedji Jeejeebhoy e Cowasji Jehangir, hanno contribuito alla costruzione di edifici simbolici nella punta della città nel modaiolo quartiere di Kala Ghoda, come la Flora Fountain, Sir Jj School of Art o la Jehangir Art Gallery, poco distante dai campi da cricket e le palme dell’Oval Maidan Park. A pochi passi, sul lato orientale dalla città c’è Colaba, con la sua strada commerciale, lo storico cinema Regal e il Gateway of India: affacciato su esso c’è l’opulento Taj Mahal hotel, simbolo della natura imprenditoriale di Mumbai. Secondo la leggenda, è stato costruito nel 1903 dall’industriale parsi Jn Tata per vendicarsi dall’essere rifiutato dai vicini alberghi europei. Poche decine di minuti a piedi e si arriva alle banchine del porto di Sassoon dove da 150 anni attraccano le coloratissime barchette dei pescatori locali: un’altra teoria lega il nome Mumbai a Mumba devi, divinità protettrice dei pescatori. Qui le autorità hanno portato avanti da anni un progetto di sviluppo per ridurre i rifiuti, migliorare la qualità dell’acqua, ma anche della vita dei pescatori grazie anche a un festival di street art che si ripete ogni anno: «Insieme alla questione delle foreste a Nord, quello dei pescatori è un tema essenziale per definire il bilanciamento uomo-natura a Mumbai» spiega Talpade.

le caratteristiche barche dei pescatori e le banchine del porto di sassoon.

il bandra-worli sea link collega western di mumbai con worli nel sud di mumbai.
Ci ricorda dell’opera simbolo del lavoro di depressurizzazione in atto tra il nord e il sud della città, l’affascinante Bandra-Worli Sealink, inaugurato nel 2009: scorre veloce sul mare, traducendosi di notte in una spettacolare corolla di luci. Di giorno, percorrerlo significa osservare il grande contrasto tra i grattacieli del quartiere commerciale di Worli e l’agglomerato di pescatori, in via di estinzione, ai suoi piedi. Qui sarà completata l’opera più costosa intrapresa negli ultimi 135 anni dall’amministrazione: una strada che dalla costa occidentale della scenografica Marine Drive – celebre strada a forma di banana che parte da uno degli alberghi simbolo della città, l’Oberoi – proseguirà tra le facciate Art Déco (Mumbai vanta la seconda più grande collezione di edifici Art Déco al mondo, dopo Miami) di quelle che negli Anni 20 erano le abitazioni dell’antica ricchissima comunità parsi (discendenti dell’antica comunità zoroastriana di Persia) per sbucare sulla grande amata spiaggia di Chowpatty. La strada costiera salirà quindi fino a Worli, dove si annida quel che resta del pittoresco villaggio di pescatori dei Koli, abitanti originari della città la cui probabile scomparsa preoccupa attivisti e ambientalisti: «I rischi climatici e l’innalzamento dei mari sono particolarmente sentiti dalle città costiere di tutto il mondo, e ancor di più da chi vive negli insediamenti costieri ad alto tasso di disuguaglianza sociale, come i pescatori» continua l’esperta. Le proiezioni indicano che gran parte della città di Mumbai è a rischio di essere sommersa entro il 2050, mentre nel giro di 20 anni raddoppieranno i rischi di inondazioni catastrofiche: la peggiore nella storia recente risale al 2005 e i suoi danni economici secondo stime avrebbero toccato (all’epoca) 1 100 mln di $. Ma se il rischio sale, raddoppierà anche la probabilità di potenziali perdite finanziarie: «Mumbai ha concentrato i suoi sforzi per contenere la Natura con grandi progetti infrastrutturali. Ma come qualsiasi buon pescatore sa bene, non puoi contenere la furia del mare. Puoi solo assecondarla e lavorare con lei. Forse quando la situazione intaccherà la sua nomea di capitale finanziaria, si inizierà ad agire in modo più efficace».