Le città dei piccoli: viaggio nei nuovi playground urbani
I parchi giochi pubblici più grandi e innovativi? Oggi si trovano in Cina e negli Emirati Arabi (Abu Dhabi è ormai considerata una meta family friendly, anche se la maggior parte dei suoi scenografici playground sono al chiuso, nei vari Mall: dato il clima, giocare all’aperto può essere proibitivo). Ma, in proporzione, l’area del mondo con più aree gioco pubbliche per bambini è il Nord Europa, tra Danimarca (in testa alla classifica), Svezia, Olanda e Germania. O, in Italia, il Trentino Alto Adige. Ma italiane sono le aziende che hanno realizzato aree gioco in molte parti del mondo. Perché, in questo, l’Italia ha il vantaggio di una sensibilità – anche progettuale – formatasi sulla storia scritta da Maria Montessori, Bruno Munari, Grazia Honegger Fresco, Enzo Mari, Vito Acconci e Mauro Staccioli: pedagogisti, designer e artisti visionari che, nelle loro ricerche, si sono soffermati in modi differenti sul grande valore simbolico e relazionale che lo spazio gioco ha per i bambini.
Le nuove sfide
«Per un bambino il gioco libero è corpo, movimento, scoperta e relazione», spiega Paola Cosolo Marangon, pedagogista, formatrice e autrice con Mauro Pucci di Come pesci in un acquario (La Meridiana, 2022), dedicato alle relazioni nei gruppi educativi. «Oggi a questa eredità si aggiunge il fortissimo bisogno di contatto con la natura, con la sabbia, il legno, la terra, l’acqua e il verde. L’albero con i rami bassi sui quali appendersi, il piccolo boschetto dove fare tana, la collinetta da conquistare o dalla quale rotolare e, naturalmente, gli insetti e gli animali… tutto quello che serve per compensare le troppe ore che i nostri bambini passano in spazi chiusi e organizzati. Il playground urbano contemporaneo poi ha anche un’altra valenza: è l’unico luogo in cui i bambini possono socializzare liberamente con gli altri bambini, al di fuori dei soliti luoghi strutturati, come la scuola o la palestra. Ecco perché andrebbe progettato pensando alle esigenze dei piccoli, non al gusto estetico di noi adulti. E dovrebbe essere uno spazio inclusivo, con percorsi dove ci si può spostare in tanti modi, non solo camminando. E senza troppi adulti attorno». Da ripensare, dunque, le aree gioco fortemente standardizzate, frutto dell’assemblaggio di attrezzature aliene dal contesto di riferimento, poco stimolanti e incapaci di innescare proficue relazioni sociali. «In spazi del genere le attività di gioco diventano ripetitive, meccaniche, noiose e propongono un approccio al gioco povero e passivo». Andiamo allora a vedere i playground più recenti, spesso belli come installazioni artistiche: rappresentano davvero occasioni di gioco che stimolano creatività, espressione e coscienza di sé?
woods of net di toshiko horiuchi macadam al museo all’aperto di hakone (giappone).
L’anima(le) di Prato
Ad ascoltare il parere dei bambini ci ha provato lo Studio di architettura Ecòl di Prato che, in collaborazione con il designer di giocattoli e illustratore Luca Boscardin (già autore di Animal Factory, il parco giochi minimalista che nel 2021 ha riqualificato un quartiere industriale di Amsterdam) e gli esperti di partecipazione Socialàb, ha realizzato L’Anima(le) del Museo. Uno spazio gioco all’esterno del Museo Pecci di Prato, nell’area tra l’edificio storico di Italo Gamberini e la sua espansione progettata dieci anni fa da Maurice Nio. «Il progetto nasce da un concorso pubblico del 2022 al quale abbiamo partecipato con un’idea che è stata sottoposta a 16 classi delle scuole medie ed elementari in modo che dicessero la loro» Spiega Emanuele Barili, architetto e fondatore con Olivia Gori dello Studio Ecòl. «Il risultato è uno spazio astratto, vuoto eppure vivace, denso, aperto all’interazione, abitabile. A terra le linee a colori vivaci creano un disegno che evoca le fattezze di un animale fantastico, mentre dal tappeto sorgono gli animali stilizzati in metallo di Luca Boscardin, semplici tubi colorati che suggeriscono soltanto alcune parti del corpo come bocca, antenne, artigli, cicatrice, coda. Ed è proprio l’astrattezza del disegno a funzionare perché permette ai bambini di arrampicarsi e rincorrersi inventando storie e immaginando personaggi, oppure di giocare a giochi tradizionali, come il calcio, usando la bocca dell’animale come porta». Dal playground urbano al piccolo giardinetto di quartiere, nell’era post-Covid, in generale le aree destinate ai più piccoli stanno cambiando. Con esiti interessanti anche quando non sono legati all’ambiente naturale: le circostanze, come sempre, richiedono flessibilità
l’anima(le) del museo, installazione partecipativa al centro pecci di prato.
La scultura-gioco (2016) dalle forme organiche dello studio carve per il restyling del beatrixpark di amsterdam.
Forme organiche
Lo spazio-gioco progettato dallo studio XISUI Design per una zona residenziale a Guangzhou, in Cina, offre per esempio forme morbide e linee organiche che evocano dolci colline, grotte e archi pensati per l’arrampicata e la scoperta dei più piccoli e colorate in tonalità fluo. Questo è quello che vediamo. Ciò che non si vede è il lavoro ingegneristico che ha permesso di sfruttare le colonne portanti del parcheggio sotterraneo, riducendo pesi e costi di realizzazione. «Le dune rosse e rosa ondulate muovono il terreno e rendono lo spazio molto attraente per correre, saltare e rotolare», spiega il Design Director Hu Yihao. «Ci siamo riusciti perché, attraverso supporti strutturali nascosti sotto il guscio principale di cemento portante, il peso superiore viene trasferito alle colonne del garage sotterraneo riducendo il carico e garantendo sicurezza e stabilità». E le strutture a guscio, oltre ad alleggerire la copertura, creano spazi simili a caverne che si fondono in modo armonioso con il terreno e nelle quali è divertente nascondersi. Un playground innovativo perché, in Cina, il gioco è tradizionalmente legato al concetto di “imparare” a qualcosa: non è fondamentale che un bambino si diverta o esprima le sue fantasie, conta che acquisisca capacità e competenze utili al suo futuro. Una tendenza molto influenzata dalla “politica del figlio unico” introdotta nel 1979 e abolita nel 2015: uno solo, uno ben nutrito, uno ben educato è stata infatti la pedagogia che ha permeato per più di trent’anni la società cinese. «Allo stesso tempo, il confucianesimo punta lo sguardo sulla collettività: un bambino non cresce bene da solo: sotto il controllo degli adulti, deve giocare con gli altri bambini. Perché un buon cittadino è un bambino capace di fondersi nel gruppo, di esserne parte» spiega Chen Xueqin, Fondatrice dell’associazione Anji Play e Presidente delle scuole materne della contea cinese di Anji. «Per liberare i bambini da questa logica utilitirastica, ho ideato un metodo che oggi applichiamo in tutti i nostri asili. Qui i bambini passano quasi l’intera giornata all’aperto, in cortile, liberi di utilizzare i vari materiali per costruire cose, immaginare attività, inventare giochi. Gli insegnanti non devono interferire ma solo osservare in che modo, giocando, i bambini si trovano a dover risolvere problemi, superare ostacoli, diventare più autonomi». Anche Beatrix Park, nel quartiere di Amsterdam Zuidas, un quartiere a metà strada tra il centro città e l’aeroporto di Schiphol, è un playground morbido, accogliente e stimolante al tempo stesso grazie all’intervento di riqualificazione dello Studio olandese Carve. Beatrix Park è diventato un parco giochi per bambini da 0 a 6 anni capace di attirare anche i più grandi grazie alla sua forma, una sorta di scultura organica abitabile che incorpora varie funzioni di gioco dove arrampicarsi, scivolare e appendersi, con alcune aree parzialmente nascoste, una parete a specchio che riflette il verde circostante e deforma le figure in primo piano, un grande trampolino e una porta dipinta sul muro che estende l’area come un campo da gioco. Più che un playground, insomma, un “oggetto di gioco”, sul quale i bambini possono giocare indifferentemente sopra, attorno e all’interno.
Red dunes playtopia, l’area giochi pensata dallo studio xisui a guangzhou (cina).
Spazio all’immaginazione
«I nuovi playground hanno in comune il fatto di essere “minimalisti”, di non rappresentare mai esattamente qualcosa di preciso per lasciare i bambini liberi di immaginare quello che vogliono e di crearsi un gioco tutto loro», commenta Irene Guerrieri, designer di giochi e libri-gioco per bambini, autrice di numerosi saggi, tra cui Il giocattolo e il suo design (Franco Angeli, 2021), oltre che mamma di cinque figli che, da piccoli, hanno avuto la fortuna di testare molti dei suoi prototipi: «Non tutti i designer possono progettare per i piccoli, perché richiede la capacità di entrare in sintonia con il pensiero magico di un bambino che, per esempio, trasforma una scopa in un cavallo o crea animali fantastici con le costruzioni». Insomma, occorre un’anima bambina, come quella dell’artista giapponese Toshiko Horiuchi-Mac Adam autrice dello spazio gioco all’Hakone Open Air Museum. Toshiko Horiuchi è considerata l’artista delle fibre intrecciate, la più talentuosa nel creare ambienti tessili sovradimensionati e interattivi che offrono ai bambini la possibilità di giocare con un materiale insolito, dipinto a colori artificiali. «Ma ai bambini i colori piacciono tutti, non si accontentano di quelli primari, a loro piacciono anche i colori secondari e i materiali differenti che amano in tutte le loro complessità e incroci possibili. Il risultato, nel caso del playground giapponese di Hakone, è che sembra decisamente di giocare con fiori giganteschi» continua Irene Guerrieri. Un’altra lezione arriva da Istanbul, con il parco giochi firmato dallo studio olandese Carve per l’area esterna del centro commerciale Marmara, nel quartiere di Bakirköy. Si chiama Modular clouds, ed è una struttura a moduli verticali dove arrampicarsi, dondolare e guardare il mondo dagli oblò colorati. Una soluzione per riuscire a collocare un playground un’area limitata su una terrazza a 24 metri d’altezza: invece di espandere orizzontalmente il parco giochi, gli architetti hanno puntato su forme verticali che i bambini potessero esplorare dall’interno.
un altro progetto dello studio carve: le nuvole colorate che compongono il playground allestito sul tetto del marmara forum a istanbul (turchia).
pixeland (a mianyang, cina) nasce da una combinazione di singoli moduli monofunzione.
Green playground
Altre aree gioco contemporanee, invece, nascono dalla necessità di riconvertire qualcuna delle ex aree industriali che si trovano nelle nostre città. È successo a Seattle con l’ex impianto di gassificazione del carbone dei primi del Novecento che – dopo quattro anni di lavoro e 1,8 mln di $ – dallo scorso ottobre si chiama Gas Works Park e ogni fine settimana richiama centinaia di bambini in quest’area circondata dal verde per salire sulle nuovissime strutture di gioco basate sul piacere dell’arrampicarsi con corde e funi per esplorare lo spazio e le proprie forze. Naturalmente in sicurezza, con tappeti morbidi che possono attutire le cadute.
Spazi modulari
Grandi spazi o piccole aree? Mette potenzialmente tutti d’accordo il progetto realizzato a Mianyang, nella provincia cinese dello Sichuan da un team di sei architetti dello studio di Shanghai 100architects. Si chiama Pixieland perché, come i pixel per le immagini digitali, è formato da una combinazione a partire da un modulo base che può essere replicato all’infinito per offrire diverse strutture: elementi paesaggistici, di gioco per bambini o ricreativi per adulti. Moduli che, tutti insieme, creano un’accogliente e coloratissima area gioco ma anche zone relax per gli adulti, con tavoli, comode sedute e aree pic-nic. «Trasferendo questa idea del pixel alla strategia di organizzazione spaziale del progetto, abbiamo potuto creare uno spazio pubblico multifunzionale che si può adattare a ogni spazio, contesto e dimensione possibile, mediante l’aggiunta e la combinazione di pixel funzionali indipendenti più piccoli», spiega Javier González, uno dei progettisti. Che prosegue: «Il pixel principale utilizzato nel cuore del progetto è un quadrato di 5 x 5 m, cioè spazio minimo per ospitare funzioni adatte a un gruppo di persone, poi andando verso i confini, ci sono moduli più piccoli di 2,5 x 2,5 e 1,25 x 1,25 m. Ogni pixel offre la possibilità di giochi differenti: si può scivolare, arrampicarsi, nascondersi, dondolare, fare le capriole o, semplicemente, sdraiarsi a guardare le nuvole. L’effetto complessivo è quello di una piazza a scacchi sviluppata su più livelli, uno spazio pubblico multifunzionale accattivante e coloratissimo». L’unica macchia di colore tra i palazzi del quartiere. Ma se, secondo le previsioni dell’Onu, entro il 2050 le aree urbane accoglieranno il 75% della popolazione mondiale, occorre pensare a come moltiplicare gli spazi per il gioco libero. Non necessariamente grandi progetti, ma piccole soluzioni da “urbanistica tattica” che possano garantire spazi di gioco e socializzazione in autonomia e sicurezza.