La foresta urbana di Vancouver
Di mattino presto, i gabbiani che volano tra i grattacieli del centro lanciano grida acute, mentre il rumore di fondo è rappresentato dal ronzio dei primi idrovolanti che attraversano il cielo verso Victoria, Nanaimo o le Gulf Islands. A Vancouver, anche quando non si vede l’oceano, la sua presenza si fa sentire. La metropoli canadese del Pacifico (quella dell’Atlantico è Montreal che con oltre 1,7 mln di abitanti è nettamente la più popolosa del Canada) è costruita su una penisola, circondata a nord dallo Stretto di Burrard – che penetra per 37 km verso l’interno – e a sud dalla Boundary Bay. Come Miami e Las Vegas, è una città molto recente. Fondata nel 1886 su un territorio occupato dall’era glaciale da tre tribù (o “First Nations”) dell’etnia Coast Salish, contava meno di 1 000 abitanti. Il distretto regionale denominato Metro Vancouver o Greater Vancouver oggi ne ospita 2,5 mln. La regione ha mantenuto più del 50% dei siti naturali, grazie all’inviolabilità di una zona verde inedificabile e di terreni agricoli protetti. Conta 250 parchi e una ventina di spiagge. A un quarto d’ora a piedi da Downtown (il centro della città), Stanley Park – più vasto del Central Park di New York – ospita alberi da 70 m di altezza e una laguna a perdita d’occhio su cui oziano le oche selvatiche e i grandi aironi blu. La sua strada panoramica di 9 km che costeggia l’oceano è percorsa da skaters, ciclisti, passeggiatori e dai coyote urbani. Questo quadro sensazionale e un clima molto meno rigido che nel resto del Canada è il motivo per cui, dalla sua creazione, la città attira migranti. «Nel 2021, il Metro Vancouver ha accolto 78 000 nuovi arrivi, un record da 60 anni a questa parte. Ossia 52 000 stranieri e 26 000 canadesi venuti da altre province. Quest’anno, la migrazione interregionale si è prosciugata, ma 55 000 stranieri diventeranno residenti, un’altra cifra record», constata James Raymond, direttore della ricerca alla Vancouver Economic Commission. L’afflusso dei cinesi, che rappresentano il 20% della popolazione, resta costante da quando Hong Kong è tornata sotto la sovranità cinese. Anche gli indiani arrivano numerosi: un abitante di Vancouver su otto è originario dell’Asia del Sud. Altri vengono dall’Europa – la Gran Bretagna occupa la pole position e l’Ucraina fa la sua comparsa. Questi immigrati, con un’età media di 28 anni, sono quasi tutti lavoratori qualificati, studenti o imprenditori che soddisfano i parametri del Resident Program canadese. Hanno la vita davanti a loro e la volontà di riuscire. L’energia del 42% di abitanti che non sono nati in Canada procura a Vancouver una parte del suo dinamismo. Ogni giorno, la città conta più consumatori, contribuenti e ogni giorno accoglie nuove competenze. Vista dall’Europa, un’immigrazione di questo tipo è straordinaria e fa sognare. Ma Vancouver trae anche la sua forza dalla capacità di trasformarsi. «Per un secolo, la prosperità è derivata dallo sfruttamento forestale, dalla pesca e dall’industria mineraria (carbone, rame, oro), e anche dal porto, che distribuiva queste risorse nel mondo intero», spiega Trevor Barnes, professore di Geografia all’Università British Columbia. Se i commercianti locali consegnavano pesce essiccato al Giappone e tronchi di abete Douglas all’imperatore della Cina all’inizio del XX secolo, Vancouver era comunque un’economia provinciale senza altre ricchezze che le sue materie prime. Negli Anni 80, una recessione e la contestazione dello sfruttamento minerario e forestale (Greenpeace è nata qui nel 1971) hanno smantellato questo impianto.
il faro di brockton point
i totem delle first nations di brockton point
veduta di vancouver dello stanley park con il ponte lions gate
Verso una metropoli mondiale
L’Esposizione universale del 1986, incentrata sull’innovazione nei trasporti e la comunicazione, avrebbe aperto gli occhi dei leader di Vancouver sul mondo intero. È nel momento in cui lo sviluppo dell’informatica e del trasporto aereo di massa, trasformano la mobilità, i flussi finanziari e la natura del lavoro. Cogliendo la palla al balzo, Vancouver inizia a trasformarsi, nonostante la sua dimensione media, in una metropoli mondiale la cui economia è diversificata e creativa. Per l’Expo 86, la città costruisce la prima linea di metro automatica SkyTrain, che attraversa l’agglomerato per 36 km e permette a migliaia di imprese di stabilirsi fuori dal centro della città. Erige anche, sul fronte mare, il padiglione del Canada, sormontato da cinque vele bianche in fibra di vetro. Dopo l’Expo 86, diventa Canada Place: un edificio che funge da centro convegni, che per Vancouver equivale all’opera progettata dall’architetto Jørn Utzon a Sydney. Al tempo stesso simbolo e punto di partenza di un cambiamento radicale. Dell’economia di un tempo non resta che il porto, il più importante del Paese e gli enormi carichi di tronchi d’alberi e di carbone della Columbia Britannica, che riempiono le navi portacontainer in partenza. Contrariamente ai porti americani del Pacifico, quello di Vancouver esporta, in tonnellate, tre volte più di quanto non importi. Solo i ro-ro (roll-on/roll-off: navi-traghetto per il trasporto con modalità d’imbarco e sbarco di veicoli gommati), che fanno salire 350 000 auto l’anno, ripartono vuoti. Il traffico dei container, poi, sempre più intenso a causa dell’importazione crescente dei prodotti Made in Asia, giustifica la costruzione di un nuovo terminal. Per parte sua, l’aeroporto regola un traffico aereo la cui parte a lungo raggio è preponderante: più di 100 destinazioni con volo diretto, tra cui Reykjavik, San José del Cabo (Messico) o Zhengzhou (Cina), e 26 mln di passeggeri nel 2019. Se la pandemia ha fatto abbassare il numero dei viaggiatori del 70% nel 2020 e 2021, il traffico è ripartito (-16% nell’agosto 2022). Si può ben sperare in un ritorno alla normalità, giustificando così l’inaugurazione di una nuova ala della hall internazionale (con spazi anche per esposizioni di arte digitale) nel maggio scorso.
lo skyline di robson street
la cupola geodetica del museo della scienza, adiacente al creekside park.
Il porto turistico del quartiere di coal harbour
Servizi ad alto valore aggiunto
La diminuzione dei viaggi aerei non ha un impatto sulla prima attività di Vancouver: i servizi ad alto valore aggiunto, per i quali i meeting Zoom sono la norma. Cluster principale: hi-tech (dall’informatica quantistica alla fintech, passando per l’intelligenza artificiale, la blockchain, le telecomunicazioni), che conta migliaia di imprese, tra cui Boeing (software per l’industria aerospaziale), Cisco Systems, Microsoft e Apple. Per parte sua, Amazon ha installato a Vancouver metà delle risorse umane della sua seconda sede sociale, che ha rinunciato a costruire a New York, ossia 10 000 posti di lavoro. In più, 13 start-up sono “unicorni” quotati in borsa più di 1 mld di $ canadesi – Parigi ne conta 15, Berlino ne ha 17, mentre in tutta Italia ce ne sono due. La piattaforma canadese per il lavoro collaborativo Slack è stata rilevata alla fine del 2020 dall’americana Salesforce per 27,7 mld di $. Altri successi: Hootsuite (per la gestione dei social network), Trulioo (verifica dell’identità online) o GeoComply (geolocalizzazione). Secondo Cbre, Vancouver è la città dell’America del Nord in cui, da cinque anni, la crescita dell’hi-tech è stata la più forte (+63%), con le risorse umane che passano da 71 400 impiegati a 115 400. Gli stipendi, più bassi rispetto alla Silicon Valley e la presenza di università e istituti di tecnologia, che formano 22 500 scienziati all’anno, i ricercatori stringono partnership con imprese, spiegano questa capacità attrattiva.
Un magnete per i “creativi”
Lo stesso vale per tutti i settori in cui lavorano i membri della “classe creativa”. I cluster delle scienze della vita contano anche 1 120 imprese, con la stella del momento, l’azienda biotech AbCellera, la cui piattaforma d’intelligenza artificiale è utilizzata dalla casa farmaceutica Eli Lilly nella ricerca di anticorpi generati in risposta al Covid-19. L’entertainment (riprese, post-produzione, animazione, videogame) procura lavoro a 70 000 persone. Quanto ai settori tessile e moda, che comprendono 200 imprese, i marchi di punta sono Lululemon, pioniere dell’abbigliamento yoga-fitness, e Arc’teryx, specializzato nell’outdoor e i cui parka e anorak sono chic in città e tecnici sull’Himalaya. Infine, l’agritech, i trasporti puliti e le tecnologie idriche si sviluppano a grande velocità. «Questi motori dell’economia beneficiano di una varietà di lavoratori senza pari. E l’attenzione verso la sostenibilità e l’economia circolare è importante», spiega Eleena Marley, Ceo della Vancouver Economic Commission. Si aggiunga il settore edile in crescita permanente, perché bisogna alloggiare i migranti: da 25 000 a 30 000 alloggi si consegnano ogni anno, in periferia, a Burrard, Langley e Surrey. Bisognerebbe raddoppiarli per mettere fine alla crisi degli alloggi, che si traduce in prezzi di vendita inaccessibili e affitti alti. Ma numerosi progetti di appartamenti, da 6 000 a 10 000, sono in cantiere.
La scultura the proud youth di chen wenling, nell’ex area industriale di yaletown
La chinatown di vancouver è il più grande quartiere asiatico di tutto il canada
Un posto dove vivere
La nuova economia di Vancouver le ha permesso di attraversare la pandemia di Covid-19 senza ulteriori danni: dal 4%, il tasso di disoccupazione è salito al 14% nel 2020, ma è poi ridisceso al 5%. Oggi la città ha come concorrenti Toronto e Seattle. La capitale dell’Ontario è una protagonista dell’hi-tech e dell’entertainment, con in più il vantaggio di ospitare le sedi di multinazionali presenti in Canada. Quanto a Seattle, 230 km a sud, ospita la nuova sede di Amazon, il Boeing Commercial Airplanes e Starbucks, possiede un porto e un aeroporto ultramoderni e attira le imprese della hi-tech. Vancouver, però, non dispone di grosse imprese, ma ha il vantaggio della qualità della vita. A dispetto di un’attività culturale ridotta, la possibilità di sciare su un sito olimpico o di ammirare orche e orsi a meno di due ore da downtown le conferisce un’aura speciale. La preservazione della natura, la sua particolare assenza di frenesia inducono i giovani di tutto il mondo a sceglierla come the place to be.