Irlanda, terra estrema
Le avventure, quelle vere, rifletteva James Joyce, uno dei più grandi innovatori del romanzo del Novecento, si vivono soltanto quando ci si spinge lontano. Ben oltre la comoda soglia di ciò che definiamo “casa”. Così, bramosi di un autentico preludio d’estate, abbiamo colto l’invito della celebre penna e cento anni dopo la pubblicazione del suo capolavoro indiscusso, Ulysses, siamo partiti per l’Irlanda. Surfare lungo i sentieri meno battuti e cavalcare le altezze di paesaggi unici fino all’approdo pacificatorio a Dublino, sono corpo e anima di un’avventura ad alta gradazione poetica, oltre che dei migliori spiriti (distillati, naturalmente). Di fronte a una nazione che si distingue per il patrimonio culturale, decidere di lasciarsi guidare anche dai suoi poeti e scrittori, che con la loro voce perpetuano il valore di un’isola dai mille volti come il suo cielo, ci è parsa la scelta migliore per calarci nella sua essenza.
Alla scoperta delle Greenway
Dispiegare la mappa, è il primo atto di autodeterminazione del viaggiatore: l’atterraggio è a West Knock, cuore della più occidentale delle province d’Irlanda. Il Connacht, la zona ruvida dell’isola, è la parte che più di ogni altra conserva le influenze anglonormanne che nel 1576 hanno portato non solo alla suddivisione del territorio in contee, ma anche a una generale fedeltà alla corona inglese, con conseguente mantenimento del gaelico, ancora parlato nel territorio. La strada verso la costa occidentale si apre su angusti tragitti a doppio senso, in mezzo ad una natura silente. Quaranta minuti per abituarsi alla guida a destra, cinquanta per ingraziarsi il vento, che sferza a una velocità di tutto rispetto. Sarà il compagno fedele del viaggio attraverso un entroterra di torbiere deserte di ocra e di nero, unici colori a bucare il paesaggio in questo lungo preludio. Castlebar, nella contea di Mayo, è un punto d’appoggio per cominciare l’avventura. La sua forza: un’area di bellezze naturali da raggiungere non solo in auto ma anche a piedi, o in bicicletta, con percorsi dedicati dal centro città. Passeggiare lungo le sponde del lago Lannagh scalda il motore dei sensi, puntato sugli odori di una natura salmastra. Castlebar e il suo fiume fanno parte anche della rete del Great Western Greenway, itinerario riservato a ciclisti e camminatori al di fuori delle strade principali. Il concetto di “Greenway” nasce proprio qui, a Mayo: sulle tracce dell’antica rete ferroviaria costruita alla fine degli Anni 80 del XIX secolo e in uso fino al 1937, per promuovere il viaggio secondo un’idea essenziale e sostenibile, diventato modello per tutte le Greenway attivate poi nell’isola. Il meglio del percorso passa lungo la baia di Clew, insenatura di oltre 25 km costellata da un numero infinito di isole in località Westport, perla della contea con affaccio sul vecchio porto e il monte sacro degli Irlandesi all’orizzonte: il Croagh Patrick, meta di pellegrinaggio in onore di San Patrizio, che nel 441 d.C. costruì una chiesetta ancora esistente sulla sua cima. Tentati dalla scalata? Solo se esperti.
Il benbulben, dal microclima d’origine glaciale, è il simbolo della contea di sligo.
la statua del poeta irlandese w.b. yeats, davanti alla banca d’irlanda a sligo
Paesaggi mistici
Cento chilometri dopo, nella contea di Sligo. Siamo in un territorio in gran parte pianeggiante, con rilievi iconici a pennellare il paesaggio, sebbene i maggiori prodigi si compiano lungo la costa che si affaccia a Nordovest, neanche a dirlo, sull’Atlantico. All’ora del tramonto, sole e pioggia esaltano la bellezza selvaggia di Strandhill, minuscolo villaggio costiero abbarbicato sulle pendici della Knocknarea, la montagna mistica sotto il cui cumulo di pietre a forma piramidale in cima all’altura sarebbe sepolta la temutissima Regina del Connacht, Maeve. Figura storica venerata al pari di una dea, le cui gesta si perdono nel mito, compare anche nel cosiddetto Ciclo dell’Ulster, il poema in versi celebrante la mitologia irlandese. W.B. Yeats, uno dei quattro premi Nobel letterari di cui l’Irlanda si forgia, membro della Società Teosofica, nonché padre dell’Irish Literary Revival, contribuì a eternare questi luoghi nei suoi versi. Autore di poesie alchemiche, permeate dall’arcano potere della natura e del folklore, Yeats definì Knocknarea e l’intera contea “terra del desiderio del cuore”. Arrampicarsi fino in cima è imprescindibile: lo spettacolo materializza il concetto di Wild Atlantic Way, epica rotta costiera, tra le cui gole nasconde non solo scenari unici, con le sue spiagge dalle scogliere irte e baie mozzafiato, ma storie il cui filo del racconto è tenuto insieme da un’unica voce: quella impetuosa dell’oceano, che è narrazione di un territorio sonoro, grazie anche all’onnipresenza del vento. Strandhill è un paradiso per surfisti e amanti del golf. Sul fronte spiaggia, il Voya, Spa di proprietà di Neil Walton, ha riportato in auge e verso il futuro, il rimedio naturale della popolazione locale, che per secoli ha curato tanto il corpo quanto la mente immergendosi in bagni caldi con le alghe dell’Atlantico. La natura mostra caratteri di straordinarietà. Sull’iconica altura di Sligo, il Benbulben, di origine glaciale, a causa del microclima, vivono una flora artico-alpina e microrganismi che non troverete in altre zone dell’isola. Fu luogo caro, in particolare, a Yeats, che gli dedicò il suo ultimo poema, al pari del Lough Gill, reso immortale dalla poesia The Lake Isle of Innisfree. Il turismo a frotte qui non esiste, meglio parlare di tessitori dell’anima il cui ordito sarà completato aggiungendo due gioielli alla propria trama: Streedagh Beach, con i suoi tre km di sabbia e di dune, è sì scenario romantico (tra l’altro di scene cult della serie tv Normal People, tratta dall’omonimo romanzo di Sally Rooney, scrittrice di Castlebar nonché fenomeno della letteratura irlandese recente), ma legato a doppio filo col dramma: qui nel 1588 l’oceano in tempesta distrusse tre navi dell’Invincibile Armada spagnola che aveva tentato l’invasione dell’Inghilterra. Infine, Mullaghmore Head, con la sua scogliera a picco nella baia, dove i surfisti cercano la grande onda da cavalcare e l’inconfondibile stile baronale di Classiebawn Castle sullo sfondo. L’edificio, un tempo appartenuto a Lord Mountbatten, prozio dell’attuale erede al trono britannico, fa da cornice al prodigioso volto della natura della contea. Persino un rullo di tamburi sarebbe superfluo. Ma cosa può considerarsi tale in Irlanda? Di certo non la visita a Sligo Town, la porta verso il Nord. Lasciarsi sedurre dal suo lungo fiume, la Garavogue, dai coloratissimi café, Oyster Bar e pub che ne accompagnano il corso è inevitabile. Ma dopo tutto questo errare, come potremmo definire il Nordovest? Sally Rooney risponde dalle pagine del suo romanzo Persone normali: “A Dublino capita spesso che la gente accenni all’Irlanda dell’ovest con questo strano tono di voce, come se fosse un paese straniero, ma uno di quelli su cui si considerano particolarmente bene informati”.
Strandhill, paradiso dei surfisti sull’oceano.
Dublino una città in forma di libro
L’approdo a Dublino è pacificatorio e frenetico. L’ultima tappa del viaggio è epica catarsi, che vede confluire nella città lo spirito di un eroe comune il cui sacrificio ha compiuto la grande opera: darle un’anima. Dublino è James Joyce, Dublino è il suo Ulysses. La viviamo come fosse il 16 giugno, data feticcio in cui la vicenda di Mr. Bloom si svolge. In un colpo si è travolti dalla folla. Dublino oggi conta 577 933 abitanti nella sola città metropolitana. Quale il ruolo attribuito alla lingua nella costruzione del valore di un Paese? Andiamo oltre St. Stephen’s Green Park, un tempo appannaggio esclusivo dell’alta società a cui fu strappato da Sir Arthur Guinness nel 1877 grazie a un atto parlamentare che lo riconsegnò alla collettività. Attraversata la strada, troverete il MoLi. Qui capirete che la parola scritta è fondamentale per gli irlandesi, al punto da consacrare un nuovo e straordinario museo, nella sede originaria dell’University College, alla storia della letteratura irlandese, dalle origini fino ai giorni nostri. Un racconto mitico, un viaggio fatto anche di mappe astrali e interattive suddivise per generi come le costellazioni del cielo, animate dalle voci dei cantori che ne interpretano stralci. Sotto questo cielo di stelle, una mostra temporanea, in un dedalo di media diversi in cui l’arte tutta è coinvolta, rappresenta il volto dietro Ulysses: Joyce padre, marito e uomo, in una parabola umana e letteraria. La copia numero uno dell’opera, le sue ultime 99 traduzioni, il giardino segreto che si apre sugli Iveagh Gardens, sul retro dell’edificio che custodisce ancora il frassino sotto il quale Joyce si fece ritrarre il giorno della sua laurea insieme agli studenti della UCD sono parte dell’esperienza. Radici forti, fronde rigogliose di uno spazio che ha messo al centro della creazione il potere della parola scritta in una cultura altamente performativa. Se fosse vero che all’inizio fu la parola, gli irlandesi sarebbero tra i pochi a onorarla con toccante dedizione.
l bord gáis energy theatre.
Il museo della letteratura irlandese
Iltrinity college, l’università che Joyce non poté frequentare perché privo di raccomandazione.
Itinerari del gusto
Dopo il tramonto il volto hi-tech e di tendenza della città acquisisce un nuovo punto di vista: nei docks, su entrambe le sponde del fiume Liffey, gli edifici avveniristici, tra installazioni, vetri e forme ultraleggere, sono lo specchio di una nazione che proietta le sue radici nel futuro. Il teatro più grande d’Irlanda, il Bord Gáis Energy risplende d’acciaio e della firma di Libeskind. Qui il fatiscente fiorisce: è il caso del Mayson, a North Wall Quai. Un vecchio magazzino, due edifici in disuso, grazie allo studio di David O’Shea, diventa hotêllerie di punta con vista sulla baia della città in un doppio sogno: dal rooftop, che ospita il ristorante progettato in vetro, e dalle super suites ispirate al carattere industriale degli edifici originari. A Dublino la contemporaneità parla la lingua delle radici anche nel segmento creativo del gusto, sebbene sublimato in termini di equilibrio, per esempio, nei piatti creati da Andy Mcfadden, chef stellato alla guida del Glovers Alley, fucina haute couture del cibo in pieno centro. Ma il nuovo rigenera anche il Liberties: storico quartiere legato alla produzione dell’oro liquido degli irlandesi. Alla Roe & Co, distilleria all’avanguardia anche nel design, si produce un whiskey di malto e grano 100% irlandese che dà il meglio di sé come base per cocktail dall’inconfondibile gusto Old Fashioned. Sperimentarne gradazioni e abbinamenti nella Room 106, sarà un altro ottimo motivo per apprezzare lo spirito di Dublino.
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