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Sesso

Il sesso che verrà

À demain le bon sexe”, vaticinava negli Anni 70, Michel Foucault. L’ironia abrasiva del filosofo francese era indirizzata alla disinvoltura con la quale filosofi di ogni risma discutevano di sessualità, illudendosi che parlarne schiettamente cancellasse dall’Eros complessità e ambiguità, destinandoci a un futuro di orgasmi politicamente corretti e rigorosamente “woke”: ben svegli. Un’Arcadia immaginaria, colpevole d’aver dimenticato che il sesso non ha a che fare solo con il piacere, ma con il potere e le gerarchie sociali. Quel domani è arrivato, eppure, tra lotte per la parità di genere, #MeToo acronimi e aggettivi che cercano di creare un “quadro normativo” della comédie humaine sessualmente attiva, l’ars amatoria continua a essere un campo di battaglia. Partendo di qui, Katherine Angel, accademica già autrice di Bella di papà (2019), nel best seller Il sesso che verrà. Donne e desiderio nell’era del consenso (Blackie edizioni, 2022) si chiede quando e come far arrivare prima il domani foucaultiano. E svela le nuove catene con le quali si vogliono regolare – ancora! – le donne, obbligate a reiterare il loro “consenso entusiasta, necessario da parte di entrambi per poter godere dell’esperienza”, come recitano certi titoli di Teen Vogue. Se il post-femminismo Anni 90 applaudiva Eva Herzigova che si guardava compiaciuta il seno a stento contenuto dal Wonderbra, illudendosi che la parità si potesse raggiungere facendosi oggetto, quello del 2022 incorona il body rivelatorio di Mugler indossato da Dua Lipa sul palco del suo recente concerto milanese, o quello di Dion Lee sfoggiato da Elodie nel video Bagno a mezzanotte, testimoni di una sessualità esibita (e dunque, così almeno si suppone, sana). Fa eccezione, Demna Gvasalia da Balenciaga, che nella collezione per la primavera 2023 ha fatto sfilare alla Borsa di NY modelli con maschere Bdsm (Bondage e Disciplina, Dominazione e Sottomissione, Sadismo e Masochismo) a ribadire il rapporto di co-dipendenza tossica tra sessualità e potere. Abbiamo riassunto l’esercizio riflessivo della Angel in 8 parole: l’abc del sesso, Anno Domini 2022.

Per le definizioni ci siamo liberamente ispirati a queercultureguide.com

Glossario per il nuovo Millennio

#MeToo

Dopo le accuse a Harvey Weinstein di stupro e violenza sessuale del 2017, hanno iniziato a parlarne tutti. Bene, ma non benissimo: «Parlare esplicitamente delle proprie esperienze era considerato di per sé un bene. Ero felice di tutta questa copertura mediatica, ma ne ero anche inquietata (…). Durante il picco del #MeToo è stato come se ci sentissimo in obbligo di raccontare le nostre esperienze. Il #MeToo non soltanto ha legittimato la paura delle donne, ma ha anche rischiato di trasformarla in un obbligo, la manifestazione doverosa del proprio potere femminista di autorealizzazione». Come se il primo che passa potesse domandarci: e tu, quando ci racconti la tua storia? Anche no.

Consenso

Nonostante “il consenso” sia la base del buon sesso, «esprimere a voce il desiderio non basta a garantire il piacere per le donne», spiega Angel, «né impedisce agli uomini di strumentalizzare le donne, in quanto piacere e diritto al piacere non sono equamente distribuiti». Un assunto ribadito anche dalla serie del 2020 I May Destroy You, dove la co-protagonista Terry si trova coinvolta in un gioco erotico a tre, che sembra nascere in maniera naturale, a cui dà il suo consenso, scoprendo solo dopo che i due uomini erano amici tra loro e nell’approccio c’era ben poca casualità. Ah, gli infami. Il consenso è obbligatorio, insomma, ma non sufficiente a evitare eventi destabilizzanti, spaventosi, o carichi di vergogna: un’esperienza di “bad sex” (vedere la voce seguente). Wake up!

Bad sex

Il detto “non lo fo per piacer mio, ma per far piacere a Dio” sopravvive. E il “bad sex” ne è l’effetto, per cui le donne, nel godimento, non si sentono in diritto di essere gratificate quanto gli uomini: «È la conseguenza dell’inadeguatezza e delle diseguaglianze che sussistono nell’alfabetizzazione sessuale, uno scambio tra dinamiche di potere diseguali tra le parti in causa, basato su nozioni razzializzate di innocenza e colpa». Per cui, alla fine, se la “presta” di lui è così e così, è pure colpa nostra.

Confidence culture

Figlia spuria degli Anni 80 e delle spalline esagerate, la confidence culture è distillato in titoli e articoli di femminili, al limite del ridicolo – sul genere “come ottenere la promozione in 4 semplici mosse” –, che affida alla sola volontà delle donne e alla loro fiducia in sé, il ruolo di ago della bilancia nella lotta per la parità: «Secondo la confidence culture, non è il patriarcato, l’intrinseco sessismo o il capitalismo a lasciare indietro le donne, quanto piuttosto la loro stessa mancanza di sicurezza. Se “la fiducia in se stesse è il nuovo sex appeal”, “l’insicurezza è la nuova bruttezza?”. È utile questa gerarchia dei sentimenti?». Eh già.

Potere

Basta il consenso a rendere l’esperienza legittima e soddisfacente? C’è da dubitarne: «Molte leggi sul consenso richiedono non sia estorto, ma la realtà è che le donne acconsentono a rapporti sessuali di cui farebbero volentieri a meno perché sono spaventate dalle conseguenze: è fondamentale quindi mantenere una distinzione tra consenso ed entusiasmo, proprio perché così possiamo descrivere cosa accade in queste dinamiche diseguali di potere». Davvero.

Desiderio

Se è legittimo, essere indecisi di fronte al menu di un ristorante, insicuri su cosa si vuole per pranzo, lo è molto meno esserlo di fronte alla possibilità di un rapporto sessuale. O lo vuoi o no. Assunto smontato dalla recente serie Netflix Anatomy of a Scandal, dove un ministro inglese viene accusato di stupro da parte di una sua collaboratrice con la quale aveva una relazione extra-coniugale. «Non sempre cominciamo dal desiderio, non sempre è lì a nostra disposizione per essere esplorato. Non sempre sappiamo cosa vogliamo. Il nostro desiderio emerge nell’interazione. Questo punto – che non sappiamo cosa vogliamo, né sempre sappiamo esprimere cosa vogliamo – deve essere compreso nell’etica del sesso e non messo da parte».

Autoconsapevolezza

Lo avevano capito Simon&Garfunkel – maschi, bianchi, classe 1941 – che le zone oscure dell’animo vanno accettate, se non esplorate, quando in The sound of silence, intonavano “Hello darkness my old friend”, eppure questo proposito ragionevole e lucido, sembra ancora sfuggire alla società contemporanea, quando ragiona sulla donna e la sessualità. «L’autoconsapevolezza non è una caratteristica affidabile della sessualità femminile, come della sessualità in generale. Se vogliamo che in un futuro il sesso torni a essere bello, dobbiamo rifiutare quest’insistenza. Abbiamo bisogno di articolare un’etica del sesso che non cerchi disperatamente di tenere a bada l’incertezza del desiderio, che accetti le zone oscure, l’opacità del non sapere».

Vulnerabilità

A far danni più della grandine, si aggiunge la mitologia della supereroina, una donna invulnerabile, che prende al lazo la vita e il destino à la Wonder Woman, che infatti è stata inventata da uno psicologo, William Marston, nel tentativo di fornire un modello (ancora una volta!) a tutte le altre. Ma attenzione, nonostante tutto: «Abbiamo bisogno di essere vulnerabili – di correre dei rischi, di essere aperti all’ignoto – se vogliamo sperimentare la gioia e la trasformazione. Il piacere implica il rischio, non è qualcosa che potrà mai essere impedito o evitato. Non è corazzandoci contro la vulnerabilità che raggiungeremo l’appagamento sessuale ma riconoscendola e aprendoci a essa, al nostro essere universalmente vulnerabili».

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