Green network, reti a basse emissioni
Consumare energia per abbattere consumi elettrici e di CO2: è un’affermazione che suona insensata, eppure è su questo apparente paradosso che si fonda il paradigma “green” delle tecnologie Ict (Information & Communication Technology). Se da un lato la mole crescente di dati fa aumentare i consumi energetici e le connesse emissioni inquinanti a livello di reti di telecomunicazioni e soprattutto di data center, dall’altro l’utilizzo del digitale per una serie altrettanto crescente di servizi e attività contribuisce alla diminuzione dei consumi energetici complessivi. L’Ict svolge, infatti, un ruolo significativo nell’aumentare l’efficienza energetica di un gran numero di attività grazie alla loro dematerializzazione. E, in prospettiva, i benefici sono crescenti considerato il ruolo determinante che le tecnologie digitali avranno anche e soprattutto nell’ambito della transizione ecologica e della lotta al cambiamento climatico. Esempio emblematico è lo smart working: all’aumento smisurato dei dati che viaggiano in rete corrisponde una diminuzione consistente delle emissioni nocive in atmosfera generate dal comparto dei trasporti e della mobilità. E prova ne sono i risultati di uno studio realizzato a giugno del 2021 da Carbon Trust per conto del Vodafone Institute for Society and Communication per mappare la situazione a un anno dai lockdown più pesanti della pandemia nei Paesi europei: per quanto riguarda l’Italia ogni smart worker ha contribuito a tagliare 1 861 kg di CO2 in atmosfera in 12 mesi. L’Ict – che include reti, data center e dispositivi (dai televisori agli smartphone, dalle console, computer) vale circa il 2% delle emissioni globali di CO2, all’incirca lo stesso livello dell’aviazione. Sono i data center (dove transitano i dati Internet) la componente più energivora: consumano circa 200 terawattora (TWh) di energia all’anno e si prevede un aumento dei consumi elettrici di circa 15 volte entro il 2030, fino a raggiungere l’8% della domanda complessiva di elettricità.
Illustrazione di Marco Goran Romano
Se Internet fosse una nazione sarebbe la quarta più inquinante al mondo.
L’impronta di carbonio dei data center è quindi motivo di preoccupazione. Secondo il Global Carbon Project se Internet fosse una nazione sarebbe la quarta più inquinante al mondo. Affermazione confermata da un’analisi effettuata dall’Osservatorio Esg Karma Metrix sui bilanci di sostenibilità delle “Faang” – Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google – da cui emerge che in un anno le cinque Big Tech hanno consumato una quantità di energia pari a 49,7 mln di MWh, più elevata del Portogallo (48,4 mln) e della Grecia (46,2 mln), e quasi come la Romania (50 mln). E dal 2018 al 2020 il consumo di energia dei cinque colossi è triplicato. Ma dallo stesso studio emerge anche che stanno aumentando significativamente gli investimenti nelle energie rinnovabili: Apple è riuscita a risparmiare 14 mln di tonnellate di CO2 nel 2021, oltre ad aver creato un “Restore Fund” da 200 mln di dollari da investire in progetti per il clima. Google ha ridotto le emissioni grazie a 3,3 mld di dollari di investimenti nelle energie rinnovabili fra il 2010 e il 2020. Facebook dichiara di aver raggiunto, nel 2020, il 100% di fonti di energia rinnovabile. Amazon è l’azienda con la più forte crescita delle emissioni CO2 – ma a differenza delle altre ha la più forte componente logistica – e ha annunciato l’espansione del proprio portfolio di progetti legati alle energie rinnovabili, incrementando di 2,7 gigawatt (Gw) la capacità di energia pulita. Questo grazie a 71 nuovi progetti in giro per il Pianeta legati alle energie rinnovabili. Fa caso a parte Netflix, azienda con il peso più limitato in termini di produzione di CO2, essendo l’unica a non avere data center.
Infografica di Giorgia Bacis. Fonti: Our WorldinData.org. EIT Food – IDATE DigiWorld based on ARCEP report – Breaking the Energy Curve 2022” di Ericsson
Al secondo posto nella classifica dei consumi Ict ci sono le reti.
L’industria dell’Ict ha tutto l’interesse ad abbattere i consumi – ancor più considerato il forte aumento dei costi energetici – e si sta organizzando già da tempi non sospetti: è sull’intelligenza artificiale e sulle tecnologie di apprendimento automatico (machine learning) in mix con cloud e tecnologie di virtualizzazione che sono puntati i riflettori: notevoli i benefici in termini di efficienza – nel caso dei data center, per esempio, è possibile predire, monitorare e gestire l’uso delle apparecchiature per il raffreddamento dei locali (che rappresentano la principale voce di spesa in bolletta) ottimizzandone l’uso ed evitando sprechi. Al secondo posto nella classifica dei consumi Ict ci sono le reti – quelle fisse e l’insieme delle torri e ripetitori per la telefonia mobile. L’adozione della fibra ottica al posto del rame, da un lato, e dello standard 5G, dall’altro, faranno invertire e non poco la rotta dei consumi. Secondo uno studio di Carbon Smart l’estrazione di 2 kg di rame genera circa 1 000 kg di CO2, un dato allarmante se si considera che per la produzione di un cavo in fibra di lunghezza equivalente si emettono appena 0,06 kg di CO2. I cavi di rame, inoltre, consumano 3,5 watt per 100 m, rispetto ad appena 1 watt consumato da quelli in fibra ottica. Sul fronte del 5G la migrazione comporta un guadagno di almeno dieci volte in termini di efficienza energetica, secondo uno studio della Ngmn Alliance. Il 5G è il primo degli standard mobili in grado di autodeterminare il proprio funzionamento grazie all’intelligenza artificiale e stando alle stime il risparmio energetico sarà nell’ordine del 50% rispetto al 4G. Oltre a sfruttare l’efficienza operativa, gli operatori di telecomunicazioni stanno sempre più puntando sulle energie rinnovabili per la produzione di elettricità: secondo dati della Gsma nel 2021, il 18% del consumo totale di elettricità proveniva da fonti rinnovabili dal 14% del 2020. E gli operatori, insieme con i loro fornitori, stanno avviando una serie di iniziative in nome dell’economia circolare attraverso il riutilizzo e il riciclo delle apparecchiature di rete. Il tutto finalizzato a traguardare obiettivi “net zero”, ma anche ad anticiparli rispetto a quelli stabiliti appena pochi mesi fa. In Europa è stata inoltre battezzata la European Green Digital Coalition, consorzio che grazie a una serie di consultazioni con le industry più importanti – dall’edilizia ai trasporti all’agricoltura – punta a stimare i benefici ambientali della digitalizzazione.