Gio Ponti e il senso della ricostruzione italiana
Portare l’Italia nel mondo è stato uno dei grandi progetti del made in Italy nel Dopoguerra. A sostenere quest’ambizione sono state aziende e progettisti convogliati in una strategia che riguardava prodotti, comunicazione e spazi che andavano dagli interni dei transatlantici agli Istituti Italiani di Cultura all’estero. In tutti questi ambiti, tuttavia, un nome diviene una presenza costante: Gio Ponti. L’architetto milanese più di ogni altro saprà cogliere il senso della ricostruzione italiana, in qualità di progettista di veri e propri landmark (il grattacielo Pirelli a Milano, per fare un esempio), come direttore di riviste che divengono punti di riferimento internazionali (Domus, Stile), come art director/designer per aziende (Ginori, Ideal Standard, Venini, solo per citarne alcune). In tutte le sue attività il filo conduttore della nuova Italia affiora distintamente.
L’Italia di Gio Ponti: un Paese moderno, tecnico, civile
Ma qual è l’Italia da ricostruire e quante “Italie” possono essere progettate e restituite al mondo? Di sicuro l’Italia che Ponti immagina e realizza è quella di uno dei suoi gioielli per sintesi e azione programmatica, ossia l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma. Qui egli mette a punto con sistematica volontà la sua visione di una tradizione artigianale che non deve essere rinnegata, bensì integrata nelle nuove industrie del mobile, segnando il passaggio dalle arti applicate al design seriale. Negli Anni 50 Ponti è impegnato in una vasta opera di internazionalizzazione, infatti: firma i transatlantici Conte Biancamano e Andrea Doria, nei quali porta gli arredi di Cassina, le tappezzerie di Fornasetti e crea un dialogo con le opere di Salvatore Fiume. Al tempo stesso, però, progetta le sue architetture all’estero, prime tra tutte la Villa Arreaza e la Villa Planchart a Caracas.
La qualità della manifattura italiana
A Stoccolma arriva presentato dall’ingegner Carlo Maurilio Lerici, imprenditore nel campo dell’acciaio e filantropo, convinto sostenitore dell’esportazione dello stile italiano anche in terra svedese. Qui Ponti si impegnerà da subito a costruire l’immagine di un’Italia moderna ed efficiente. “Gli stranieri vedono un’Italia rustica e campagnola e un’Italia antica. Noi siamo per un’Italia moderna, tecnica e civile”, scrive in una lettera a Ferruccio Rossetti, collaboratore che sarà letteralmente il suo braccio destro nel progetto svedese, specificando che “tutto nell’istituto deve essere chiaro, puro e solare”.
E così sarà: i mobili di Cassina, le lampade di Arredoluce, i mosaici di Joo e Piccinelli, i marmi della Montecatini sono testimonianza operante dell’artigianato industriale del nostro Paese e ambasciatori fisici del nitore progettuale e concettuale italiani. In un primo momento, a dire il vero, il maestro tenterà un coinvolgimento di designer e artisti svedesi nel progetto; ma ben presto dovrà arrendersi all’evidenza: la qualità della manifattura italiana, infatti, garantiva non solamente l’alto livello del risultato complessivo, ma anche la convenienza economica, rispetto a quella locale.
Mariangela levita. tutto. Leonardo, 2019, in occasione dei 500 anni dalla morte del genio. attorno al tavolo, le sedie superleggera progettata per Cassina.
Icone italiane in trasferta
Parte quindi da Stoccolma un cospicuo ordine alla Cassina, che prevede quelli che diverranno dei classici del design di Ponti: modelli quali la Leggera, la Distex e la Round diventano protagonisti dell’Istituto e portavoce della sua Italia “moderna”. A questi pezzi si aggiungono i mobili in formica già presentati alla XI Triennale e i tessili prodotti della Jsa di Busto Arsizio su disegno dello stesso Ponti: il motivo “Estate” per il foyer e l’“Arlecchino”, con losanghe gialle e grigie, per il sipario dell’Auditorium. Tutto all’interno è dominato dai colori caldi del paesaggio italiano che si stagliano contro il freddo orizzonte svedese che si scorge al di là delle delle grandi vetrate.
Nell’Auditorium, saranno utilizzate le sedie pieghevoli di Ponti per Cagliani e Marazza, poste davanti al boccascena a forma di diamante che si sposa perfettamente non soltanto con i requisiti tecnici di un palcoscenico multimediale per teatro e cinema, ma anche con l’edificio nel suo complesso e con la bella copertura retroilluminata disegnata da Pier Luigi Nervi. Nelle sale e nelle zone private compaiono i primi pannelli-cruscotto in laminato bianco e blu poi presenti a Sorrento, nell’Hotel Parco dei Principi; ma anche le poltrone Round in versione bicolore, che verranno utilizzate a Villa Arreaza; per non parlare delle mensole e dei ripiani multiuso, realizzati da Giordano Chiesa, e dei mobili auto-illuminanti che saranno un leitmotiv di tutti i suoi progetti di interior design.
Tavolo con piano di formica, sedie superleggera di cassina, tendaggi della serie estate mediterranea di jsa.
Poltrone distex per cassina.
l decalogo Gio Ponti di interior design
Le parti fisse del progetto degli interni sono dominate dal pavimento in bianco marmo di Carrara, caratterizzato dai tagli diagonali che inaugurano quella “diamantatura” della superficie di rivestimento bidimensionale che successivamente caratterizzerà anche la Villa Planchart, a Caracas. Insomma, a Stoccolma il decalogo ideato da Ponti sull’arredo prende consistenza e determina la percezione all’estero di un’Italia al passo con i tempi, pronta a cavalcare l’onda del boom economico e a dettare la via del progetto a livello internazionale. Ma l’elemento-icona di questa strategia è la finestra arredata, vera e propria quinta teatrale che traduce l’intenzione di Ponti di trattare la vetrata come quarta parete, intesa come superficie attrezzabile e funzionale. Nulla di meglio come vetrina di accoglienza per il visitatore giunto nello spazio di quell’Italia della rinascita, di cui ancora oggi andiamo orgogliosi.
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