Colegio Reggio: l’architettura che stimola interazione e comunità
Ha le sembianze di un organismo vivente il Colegio Reggio, progettato nella periferia nord di Madrid (distretto di Hortaleza) dall’architetto e urbanista spagnolo Andrés Jaque, noto per il suo approccio innovativo e sperimentale all’architettura e al design urbano, e fondatore dell’Office for Political Innovation (Offpolinn). Un ecosistema complesso che coniuga architettura sostenibile ed educazione grazie a un processo di sperimentazione collettivo che si basa sulle idee pedagogiche sviluppate da Loris Malaguzzi e dai genitori della città di Reggio Emilia per il progetto Reggio Children, mirate a potenziare la capacità dei bambini di affrontare le sfide e le instabilità. Il design diventa così catalizzatore di un percorso di crescita e formazione, basandosi sull’idea che gli ambienti architettonici possano suscitare nei più piccoli il desiderio di esplorazione e di ricerca. Un innovativo progetto partecipativo, sviluppato con insegnanti, studenti e genitori, che hanno condiviso idee, preoccupazioni e sensibilità. Al centro della progettazione, l’attenzione ai temi della sostenibilità e la ricerca di materiali a basso impatto ambientale, oltre che la creazione di alleanze umane, governance collettive e pedagogiche che si intersecano con l’architettura.
Foto: Jose Hevia Blach. Il giardino interno ai piani superiori.
Posizionata accanto al Parco Pubblico di Valdebebas, la struttura ha ridotto al minimo l’area di costruzione complessiva e ha limitato l’uso del suolo, programmando diverse attività scolastiche direttamente all’interno del parco pubblico. Questo approccio permette di concepire l’istruzione come un processo di interazione sociale, anziché di isolamento ed esclusività, promuovendo la condivisione comunitaria e la costruzione della tolleranza. Inoltre, favorisce l’attivazione dello spazio pubblico, trasformandolo in un vivace luogo di interazione intergenerazionale. Qui, la complessa stratificazione architettonica diventa leggibile ed esperienziale, creando un multiverso che opera come un assemblaggio di diversi climi, ecosistemi, tradizioni architettoniche e regolamenti. L’edificio si sviluppa verticalmente iniziando dal piano terra, dove sono disposte le aule per i più piccoli. Ai livelli superiori gli studenti delle classi intermedie coesistono con serbatoi di acqua e suoli recuperati, che nutrono un giardino interno. Man mano che si sale si raggiungono i piani più alti, caratterizzati da una struttura di serra. Configurate come un piccolo villaggio, le aule per gli studenti più grandi sono organizzate attorno a questo giardino interno. Questa distribuzione degli spazi è stata studiata tenendo conto della maturità degli studenti, che si traduce nella crescente capacità di esplorare l’ecosistema scolastico da soli e con i loro pari. Concepito come la piazza sociale principale della scuola, il secondo piano è infatti pensato come un grande vuoto aperto, con archi su scala paesaggistica che dialogano con l’ecosistema.
Foto: Jose Hevia Blach. vista su hortaleza, a nord-est di madrid.
Qui, l’architettura incoraggia insegnanti e studenti a partecipare attivamente alla gestione delle attività scolastiche e a interagire con il paesaggio circostante. Un’agorà cosmopolita che è uno spazio semi-chiuso attraversato dall’aria temperata dalle querce della campagna vicina. Lo spazio funge da cuore pulsante della scuola, promuovendo la socializzazione e la condivisione di idee in un ambiente che integra la natura e l’architettura. Racconta l’architetto Andrés Jaque: «Alla base del progetto c’è un ecosistema vivente riparatore, che contribuisce a prendersi cura del più grande sistema terrestre di Valdebebas. Raccogliendo le piogge e distribuendole attraverso l’edificio, nutre piccoli giardini all’interno della sua architettura. Questi sono stati progettati con cura per permettere alle piante e agli insetti, scomparsi a causa di decenni di uso di pesticidi e fertilizzanti nei lotti suburbani, di crescere ed espandersi. In questo modo, la scuola contribuisce a potenziare e tutelare la biodiversità del territorio circostante». Anche l’idea di rendere visibili i sistemi meccanici è stata concepita in chiave educativa: i flussi che mantengono attivo l’edificio diventano un’opportunità per gli studenti di interrogarsi su come i loro corpi e le loro interazioni sociali dipendano dagli scambi e dalle circolazioni di acqua, energia e aria. Tubi, condotti, cavi e griglie diventano parte dell’ecosistema visivo e materiale della scuola, offrendo agli studenti una comprensione diretta e tangibile delle infrastrutture che supportano la loro quotidianità e l’ambiente che li circonda.
Foto: Jose Hevia Blach. Un’aula dedicata agli alunni più piccoli.
Foto: Jose Hevia Blach. Un’aula al piano terreno dell’edificio, costruito anche con materiali di recupero.
Altro importante aspetto della progettazione è la volontà di ridurre i costi al minimo, con l’intento di diminuire soprattutto l’impatto ambientale. Ne è un esempio la scelta di materiali in disuso. «Nella maggior parte dei nostri progetti, utilizziamo materiali e strutture provenienti dal passato. Questo approccio deriva in parte dalla nostra inclinazione a non conformarci alle mode correnti. Piuttosto, cerchiamo modi alternativi e “sovversivi” per riutilizzare ciò che abbiamo a disposizione, facendo in modo che le tecnologie esistenti si discostino dalle loro finalità originarie. Lavoriamo per dare nuova vita ai materiali e alle tecnologie che, nella storia convenzionale, sono stati dimenticati», dice l’architetto.Diversamente dai classici edifici scolastici con sviluppo in orizzontale, il Colegio Reggio si presenta come un edificio compatto. Questo permette di minimizzare l’ingombro della struttura, ottimizzare il fabbisogno complessivo di fondamenta e ridurre radicalmente il tasso di facciata. Ma consente anche una riduzione radicale della costruzione. Nessun rivestimento, nessun controsoffitto, nessun pavimento tecnico rialzato, nessun rivestimento murale, nessuna facciata ventilata sono stati utilizzati. L’ammontare complessivo di materiale utilizzato nelle facciate, nei tetti e nelle partizioni interne dell’edificio, è stato ridotto di quasi il 50%. Il risultato è un edificio “nudo” dove la visibilità dei componenti tecnici definisce la sua estetica. Elemento distintivo è anche la scelta del sughero poroso e permeabile che assicura l’isolamento termico. Questo materiale naturale – sviluppato dall’Ufficio per l’innovazione politica proprio per questo progetto – è utilizzato sia nelle parti verticali sia in quelle inclinate del volume esterno dell’edificio, per fornire un isolamento termico maggiore e ridurre del 50% il consumo di energia necessario per il riscaldamento degli interni della scuola. La superficie del sughero si presenta irregolare ed è stata progettata per consentire l’accumulo di materiale organico, in modo che l’involucro dell’edificio diventi alla fine l’habitat di forme di funghi microbiologici, vegetali e animali. Un edificio che accoglie la vita e favorisce la sua crescita.