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Eames

Charles e Ray Eames, la coppia del design si svela

Su qualcuna delle loro sedie vi siete certamente seduti: in aeroporto, al ristorante, in qualche conference room. Altrimenti  su qualche icona, come la Lounge Chair & Ottoman, la chaise longue in legno ricurvo e pelle nera protagonista dal 1956 di salotti e sale di lettura più eleganti del mondo oltre che di innumerevoli film, da Sunday in New York a Iron Man. Ma potreste esservi imbattuti anche in qualcuno dei loro elefantini policromi, o aver visto uno dei loro filmati, tutti rigorosamente home made e tutti rigorosamente capaci di condurre per mano nel loro favoloso mondo. Parliamo di Charles e Ray Eames, la coppia più famosa della storia del design, tanto vitale da fare innamorare del loro amore anche gli altri. Amore reciproco e della bellezza stessa, tradotto nel fermo-immagine di due paia d’occhi che brillano mentre giocano a raccontarsi alla cinepresa. È una foto, però, a raccontarli al meglio. Li ritrae nel loro laboratorio mentre analizzano alcuni negativi sul visore luminoso, immortalando la loro meraviglia nel vedere i risultati delle loro sperimentazioni mentre pensano a come dare loro un seguito concreto, mettendo in scena la curiosità che li ha guidati in ogni loro esperienza. Se esiste un “metodo Eames”, infatti, è quello della curiosità, strada spesso praticata nel design che si sforza di progettare oggetti per risolvere bisogni o problemi presenti, latenti o sul punto di emergere. Ma i coniugi Eames sono stati anche pionieri nell’arte di costruire il futuro nella sintonica condivisione di ogni pensiero, di ogni idea e sensibilità individuale per trovare soluzioni semplici (e nuove) a problemi complessi. Degli Eames parlano i musei del mondo, a cominciare dal MoMA di New York e dalla Fondazione Vitra nei pressi di Basilea, che ha prodotto moltissime loro creazioni. Come pure Hermann Miller – che ha appena dedicato loro una mostra pop up a New York – oltre che, naturalmente, la Fondazione Eames. Ora, però, c’è un nuovo spazio che si fa custode del loro sguardo elettrizzato ed elettrizzante. Si chiama The Eames Institute of Infinite Curiosity e mette in pratica l’idea di un archivio attivo: conserva lavori, progetti, fotografie, scritti, ma soprattutto offre la possibilità di sperimentare quel metodo dell’infinita curiosità che è stata la cifra caratteristica della coppia di designer. 

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gli interni dell’eames ranch a petaluma, california

Siamo in California, tra le colline coltivate di Petaluma, dove Lucia Eames, la figlia dei designer, ha costruito l’Eames Ranch, dove vivere, lavorare e conservare il patrimonio di opere lasciate dai suoi genitori. La proprietà è stata acquistata nel 1992 e le strutture progettate da William Turnbull sono state completate nel 1996. Attualmente in ristrutturazione, il ranch presto sarà in grado di accogliere i visitatori; ma la “scuola” Eames è già attiva online (eamesinstitute.org), mentre Llisa Demetrios, figlia di Lucia e chief curator dell’Istituto, che ci abita da sempre tra pecore, galline e altri animali, ne ha fatto un progetto di agricoltura rigenerativa all’avanguardia. Sembra una filosofia molto lontana da quella che ispirò i nonni, più facile da immaginare in un contesto urbano e moderno dove si realizzano prodotti industriali su larga scala con materiali non proprio ecologici, a partire dalla plastica. Eppure, dichiara la nipote, non è così. Anzi, ci spiega, tutto rientra nell’unica visione filantropica e ambientalista di Charles e Ray: «L’epoca in cui vissero fu l’inizio della presa di coscienza ambientale da parte delle persone e che continua ad avere un effetto a catena sulle generazioni successive. I miei nonni erano molto amici di Buckminster Fuller, architetto-filosofo visionario e molto altro. Credevano che le cose non accadessero nel vuoto, ma che “alla fine tutto si connettesse”». Llisa cita Charles: «“Il fatto spaventoso è che molti dei nostri sogni si sono avverati. Volevamo una tecnologia più efficiente e abbiamo creato i pesticidi. Volevamo automobili, televisori ed elettrodomestici e ognuno di noi ne ha ormai qualcuno a disposizione. I nostri sogni si sono realizzati a spese del lago Michigan. Questo non significa che i sogni fossero tutti sbagliati. Significa che c’è stato un errore da qualche parte nei desideri e che dobbiamo rimediare”, aveva detto il nonno che parlava di questioni ambientali con nostra madre e con noi nipoti per incoraggiarci a pensare in modo sostenibile, così come cercava, con Ray, di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle stesse tematiche». E appena il ranch sarà aperto al pubblico diventerà un’oasi creativa di pace e serenità bucolica, ma anche grande fonte d’ispirazione per i designer di nuova generazione. «La vita in campagna offre esperienze immersive per chiunque, non solo per i designer», continua Llisa. «Ray e Charles si chiedevano: cosa farebbe Mies van der Rohe? O Buckminster Fuller? O Frank Lloyd Wright? Ma aggiungevano anche: cosa farebbe semplicemente la natura? Madre natura è il progettista di tutti i progettisti». Impossibile non pensare all’ottimismo post bellico che ha caratterizzato la generazione di Ray e Charles, apparentemente meno preoccupata di noi del futuro del Pianeta. Ma Llisa smonta anche questa mia convinzione, che forse andrebbe annoverata tra i pregiudizi.

in primo piano, la lounge chair eames del 1956

llisa demetrios, chief curator

john cary, presidente e ceo dell’istituto.

Di ottimismo possiamo parlare oggi, a guardare il passato ma forse, sottolinea lei, all’epoca non era così diffuso. «È la soluzione dei problemi attraverso il processo di progettazione che ha creato i successi degli Eames a portarli all’ottimismo. Le faccio un esempio. Quando Ray e Charles vennero a sapere da un amico medico che le ferite di guerra peggioravano quando un soldato veniva dimesso dall’ospedale del campo con un tutore metallico, la loro risposta fu quella di prendere i loro esperimenti sulle sedie in compensato modellato e adattarli per realizzare stecche per le gambe. Il materiale si rivelò più compatibile con il corpo umano e il loro prodotto una grande lezione di versatilità. Realizzare oltre 100 000 stecche per le gambe nel 1943 fu un modo per aiutare lo sforzo bellico senza danneggiare nessuno. Ma è un esempio, appunto. La loro filosofia sta in queste parole di Charles: “La cosa più importante è che amiate quello che state facendo, e la seconda è che non abbiate paura di dove vi porterà la vostra prossima idea”». Così i loro studi su materiali diversi e sull’evoluzione di alcuni progetti, via via migliorati dal punto di vista produttivo, ma anche della durata e del loro utilizzo hanno caratterizzato gran parte del loro lavoro. Per esempio i bordi delle imbottiture in tessuto delle sedie con la scocca in vetroresina si erano presto rivelati troppo delicati, dunque si ricorse a un rivestimento con un nastro di gomma che le proteggeva dall’usura. O ancora: il legno di palissandro scelto inizialmente per realizzare alcuni mobili venne presto abbandonato per l’impatto che l’abbattimento di quegli alberi aveva sull’ecosistema amazzonico: «Ogni volta che risultava chiaro che un materiale non era ecologico, come la plastica o la fibra di vetro, veniva eliminato fino a trovare un’alternativa. Ray e Charles hanno esplorato cinque materiali principali, per lo più nuovi: compensato stampato, vergella, ossia un tondino industriale di ferro, plastica, fibra di vetro e alluminio. Ogni materiale aveva i suoi vantaggi. E ogni progetto, anche se già in produzione, veniva migliorato nel tempo», racconta Llisa. Le chiedo allora chi sono oggi gli eredi di Charles e Ray Eames, con l’idea di proporre una piccola mappatura del design contemporaneo a chi legge. La risposta: «C’è un meraviglioso diagramma che Charles disegnò per spiegare il processo di progettazione suo e di Ray. Il primo insieme indicava ciò che volevano realizzare, il secondo ciò che voleva il cliente e infine il terzo riguardava la società nel suo complesso. Per loro bisognava concentrarsi sull’area che si sovrapponeva a tutti e tre gli insiemi, che si trattasse della produzione di una sedia, della creazione di una mostra o di un progetto di comunicazione. E qui, all’Eames Institute crediamo che il design vada inteso con la “d” minuscola: tutti noi progettiamo la nostra vita, ogni giorno. E gli eredi degli Eames sono individui che si concentrano e si sforzano di trovare soluzioni a beneficio di un insieme ampio di persone, valorizzando la nostra capacità umana e benedettamente universale di essere curiosi risolutori di problemi».

Eames

l’eames institute sta mettendo a punto lezioni sul metodo “eames” in presenza.

allestimento di una esposizione temporanea all’istituto con oggetti e arredi degli eames.

Llisa non poteva che occuparsi delle mostre, dell’archivio, degli animali e del ranch, dei progetti futuri e della divulgazione di una filosofia di vita di cui è impregnata fino al midollo. L’Eames Institute è nato grazie al suo entusiasmo e a quello di Joe Rebbia, cofondatore di Airbnb, a John Cary, presidente e Ceo, e a un team che ha scelto di creare una community (attualmente già molto attiva online e raccontata sul magazine online dell’istituto, Kazam!) dedicata ai problem solver, a chi non vuole mai smettere di imparare e a chi interessa coltivare la curiosità. Con metodo. «C’è qualche altra strada?», sorride lei. «Io la perseguo credo da sempre. Una sera da bambina ero andata con i nonni a cena in un ristorante sulla spiaggia. Mentre tornavamo a casa, Charles mi chiese cosa ne pensassi. Avevamo mangiato una zuppa di borscht. Avevo circa 8 anni e dissi che non mi era piaciuta molto. Senza perdere tempo, Charles mi chiese come avrei cucinato quegli ingredienti. Ci siamo inventati delle storie: forse quel giorno al mercato non c’erano altre verdure, o forse lo chef aveva una nonna russa ed era il suo compleanno, così aveva preparato quel piatto in suo onore o che si poteva cucinare un’insalata di barbabietole e una di patate…».

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