Cercasi econido disperatamente
Due cuori, una capanna e Internet. Questa la versione aggiornata del buen retiro. Siamo in tanti che, almeno una volta in questi ultimi anni, abbiamo pensato di rifugiarci in un angolo in mezzo alla natura con l’intento di cambiare vita, staccare dal ritmo incalzante del lavoro e della città. Molti segnali lo confermano. Su Instagram il trend del cottage core imperversa, con la sua estetica rurale sofisticata e decadente. Fra le tendenze legate al benessere, le agenzie di stampa riportano sempre più di frequente agricoltura e giardinaggio, addirittura con spa che si attrezzano per offrire esperienze agricole o da fattoria vera e propria: braccia restituite spontaneamente all’agricoltura. L’alimentazione bio non ci basta più e l’esigenza di abbassare le quote tecnologiche della nostra vita è contagiosa. A nutrire la fascinazione per una fuga dalla città ci sono i postumi della pandemia e la sensazione che oggi l’impresa sia più a portata di mano che in passato grazie allo sviluppo della tecnologia; ma anche del design, capace ormai di ingegnerizzare spazi ridotti con il minimo consumo di suolo e la minima infrastrutturazione.
lo studio hello wood di budapest ha firmato the rock
cabin super comfort per il treehouses kapolcs in ungheria.
Tendenza workation
Partiamo da una riflessione: il lavoro in questi ultimi due anni si è modificato sotto molti profili. Lo smart working non è più demonizzato e il suo sdoganamento ha favorito un processo d’integrazione tra lavoro e privato che è iniziato con il concetto di workation, parola che unisce in un solo termine work e vacation. Ey Future travel behaviour 2022, la scorsa primavera, segnalava che il 6% degli italiani in smart working (4,07 mln quelli stimati nel terzo trimestre 2021 dalla School of Management del Politecnico di Milano) avrebbe già pianificato per l’anno in corso un mix tra lavoro e vacanza. Stando ai dati di Ipsos-Europ Assistance, il trend – partito nel 2020 in risposta alla pandemia – è esploso nel 2021 quando quasi un italiano su quattro (23%) si è dichiarato intenzionato a organizzare una workation per i mesi estivi. Insomma, tutti pronti, almeno a parole, per entrare nella categoria dei nomad, lavoratori in movimento attorno a un centro o meno, interessati a lavorare per un lasso di tempo più o meno prolungato in luoghi più piacevoli e rilassanti di quelli offerti dalla città. Sono famiglie, coppie, amici, esploratori solitari, ognuno con le proprie caratteristiche, esigenze e modi di viaggiare.
Il normalizzarsi dei nomadi digitali testimonia un passaggio di fase: le persone non desiderano più solamente un periodo di vacanza ibrida circoscritto. Vogliono sperimentare una nuova formula di vita che rimetta il lavoro – per così dire – al suo posto: basta con la dedizione cieca e la performance espiativa. Questo fenomeno di depotenziamento ha avuto un inizio radicale – ricordiamo, a valle della pandemia, il fenomeno globale delle dimissioni di massa? – per proseguire sottotraccia con il quite quitting. Spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice, durante il recente convegno “Riconquistare le persone ai tempi delle Grandi Dimissioni”: alla ricerca dell’equilibrio perduto: «Le dimissioni in Italia sono lo specchio di due fenomeni correlati: il crescente malessere dei lavoratori, spesso non adeguatamente identificato dalle organizzazioni; e la volontà di dare un nuovo significato al lavoro, per cui molte persone oggi cambiano mestiere anche a condizioni economiche peggiorative, per seguire passioni e interessi personali o conseguire maggiore flessibilità». Ragionando sul quite quitting, Alessandra Gualtieri, responsabile editoriale e managing editor di Pmi.it – portale che si occupa specificamente di informazione Ict e Business per le piccole e medie imprese –, osserva: «L’effetto rebound sta passando, lasciando spazio a un più salutare riequilibro tra vita privata e professionale, dopo lo smart working selvaggio e l’iper-lavoro sperimentati durante il lockdown e la successiva fase di disimpegno, se non rifiuto, del lavoro». Da qui un’interpretazione del fenomeno delle dimissioni globali di massa al termine della pandemia in una luce positiva: non è il quiet quitting di chi non ha più voglia di sacrificarsi, bensì di chi vuole ricollocarsi, reinventarsi altrove e meglio, mercato del lavoro permettendo.
un fungo in mezzo al bosco ha ispirato la casa mushroom dello studio cinese ZJJZ: due volumi super compatti sormontati e immersi nella natura.
casa mushroom dello studio cinese ZJJZ
casa mushroom dello studio cinese ZJJZ
La rivincita della provincia
Altro fenomeno figlio di questi ultimi due anni è la fuga dalle grandi città, a favore di un trasferimento in piccoli centri urbani o comunque in provincia, purché ben serviti. Un’analisi Istat ripresa da Il Sole 24 ore alla vigilia dell’estate scorsa, analizzando su base comunale i dati relativi ai trasferimenti di residenza da e per un altro Comune in rapporto alla popolazione residente, ha mostrato che nel nostro Paese, tra le grandi aree metropolitane oltre i 250 000 abitanti, solamente Bologna, Verona, Genova e Bari hanno chiuso il 2021 con un saldo migratorio positivo, mentre città come Milano, Roma e Torino stanno perdendo residenti. Emergono al contrario città minori insospettabili, come Pescara e Pordenone, per esempio, che conquistano nuovi cittadini. La tendenza non investe soltanto l’Italia, peraltro. La pandemia ha fatto emergere con evidenza problematiche comuni a tutte le città del mondo. Katrina Johnston-Zimmerman, antropologa urbana di Philadelphia nonché fondatrice di Think.Urban, osserva le persone e gli spazi pubblici per mestiere, con la missione di creare città che siano habitat adatti per tutti gli esseri umani. E spiega che a causa della pandemia abbiamo visto un cambiamento nello stile di vita sotto molti aspetti. Molte persone, soprattutto giovani professionisti, si sono ritrovate a vivere con i familiari e a cambiare completamente il modo di lavorare da casa: «In molti casi, queste abitazioni non si trovavano nel centro della città e nemmeno in un grande centro urbano, il che ha anche cambiato i modelli di comportamento. Grazie a una maggiore prossimità all’ambiente naturale o anche alla semplice presenza di più spazio intorno alla casa, hanno potuto lavorare e rilassarsi nello stesso posto, fare più pause di quante avrebbero potuto fare lavorando in un ufficio. La ricerca dimostra che chi lavora da casa è più produttivo, sebbene non con le caratteristiche della produttività utilizzate sinora. È naturale che le persone cerchino di lavorare dove possano trovare un equilibrio di vita e di lavoro migliore».
zjjz atelier ha progettato un gruppo di cabin ellissoidali rivestite di scaglie di legno e di piastrelle in alluminio per un hotel in un bosco di jiangxi, in cina.
Il rivestimento ligneo striato enfatizza il design curvilineo dello spazio, dove una scala collega il piano terra all’attico in un suggestivo intrico.
La nouvelle vague ibrida e green
Il filo rosso tra i due fenomeni sembra essere la fuga, dal lavoro e insieme dalla città. Ma per andare dove? Ritrovare il contatto con la natura o con una realtà più a dimensione d’uomo sembra essere l’obiettivo che da un lato motiva lo spostamento dai grandi centri urbani, dall’altro orienta la ricerca di una nuova formula abitativa. Elena Molignoni, Responsabile dell’Osservatorio Immobiliare Nomisma, durante la presentazione del Secondo Rapporto sul Mercato Immobiliare 2022 lo scorso luglio, ha dichiarato che ciò che spinge le persone ad acquistare una casa è soprattutto l’esigenza di migliorare la propria condizione abitativa da un punto di vista pratico: «Le famiglie prediligono abitazioni che offrono elementi come una buona efficienza energetica, dotazioni accessorie, spazi verdi, la vicinanza ai servizi». Mentre Carlo Alessandro Puri Negri, Presidente di Blue Sgr, società di gestione del risparmio, aggiunge: «L’edilizia del futuro sarà estensiva, compenetrata col verde. Cambierà l’uso delle case, spostando l’offerta in direzione di spazi ibridi di lavoro e di residenza. Questi sono esempi di tendenze che stanno accelerando il cambiamento, benché il settore immobiliare, per sua natura, tenda a muoversi lentamente e fatichi a dare risposte a questi nuovi bisogni abitativi».
leckie studio è design partner di arcana, un concept abitativo in progress che prevede una serie di cabin installate in un contesto incontaminato di natura.
Ossigeno!”, sussurra una vocina…
Al momento siamo pertanto un popolo di “vagabondi”, ops! “nomadi”, alla ricerca di una nuova dimensione abitativa ed esistenziale. E in attesa di trovarla, sperimentiamo esperienze di uno stile di vita ibrido che ci consenta di non trascurare né il lavoro né la città, perché dobbiamo sopravvivere, ma non vogliamo soffocare quella vocina che ci chiede più ossigeno. Il settore dell’hospitality, con una certa sensibilità e lungimiranza, è già andato in avanscoperta. Per esempio, sta lavorando per soddisfare la nostra domanda di workation: i dati Ipsos-Europ Assistance ci segnalano percentuali di persone che hanno scelto nel periodo estivo 2022 hotel (19%) e b&b (17%) dove rifugiarsi per lavorare “come se si fosse in vacanza”. Parallelamente, a livello conscio, ma forse anche inconscio, sta lentamente elaborando il sogno sempre più diffuso di trascorrere del tempo in un raffinato econido in mezzo… al nulla. La vacanza luxury più di tendenza, infatti, oggi è quella che promette di isolarsi a cinque stelle: gli hotel di recente costruzione sul modello delle cabin diffuse tra boschi e riviere, come nel caso del 48° Nord in Alsazia o di villaggi sugli alberi come il Treehotel in Lapponia, sono pensati per un’esperienza esclusiva e immersiva di calma e benessere, circondati da paesaggi naturali inaspettati.
leckie studio è design partner di arcana, un concept abitativo in progress che prevede una serie di cabin installate in un contesto incontaminato di natura.
Nuova casa, nuova vita
Se l’hospitality risponde a un desiderio di fuga mordi e fuggi, nel frattempo alcuni architetti stanno cominciando a impegnarsi per esaudire il sogno di una formula residenziale nuova. Lo studio del designer francese Ambroise Maggiar, per esempio, è specializzato proprio in case sugli alberi. Ne ha realizzate circa 500 negli ultimi 20 anni in tutta Europa, ideando progetti unici e su misura che spaziano dalla cabin a terra alla casa sospesa, dalla palafitta alla casa galeggiante. I suoi lavori rispondono a esigenze di hospitality e residenziali in egual misura: «Ogni cliente racconta la sua storia, noi la interpretiamo a livello architettonico», ci racconta. Molti dei suoi committenti sono imprenditori, artisti, musicisti o creativi in generale: «Lo smartworking è sicuramente diventato una premessa importante per questo tipo di richiesta, che spesso muove da motivi pratici legati a un’esigenza di maggiore spazio e privacy, ma non soltanto. Le motivazioni, infatti, sono varie e personali: chi per godere di un punto di vista unico, chi per isolarsi, chi per realizzare un sogno d’infanzia o chi, semplicemente, per riavvicinarsi alla natura». Officina82, studio specializzato in progetti integrati fra architettura e paesaggio con base a Garessio, in provincia di Cuneo, nel 2018 ha realizzato StarsBOX, una tenda in legno con il tetto completamente rimovibile e smontabile, che ha già avuto molto successo come modulo per glamping. Due anni dopo ne hanno sviluppato un’evoluzione con GlamBOX, una cabin in legno di castagno, leggermente sopraelevata da terra, ispirata all’architettura rurale delle Alpi Liguri e con la particolarità di avere il letto estraibile sulla pedana in legno esterna: «Per noi è nettamente preponderante il cliente legato all’ambito hospitality», ci racconta Lara Sappo di Officina82. E prosegue: «Molte strutture alberghiere o di ricettività extra-alberghiera ci chiamano per differenziare l’offerta tradizionale. Ma nell’ultimo anno c’è stata una crescente richiesta anche dal cliente privato: abbiamo venduto numerose StarsBOX a persone che l’hanno installata nel proprio giardino come spazio intimo dove leggere e ritirarsi in solitudine. Oppure a contattatarci sono giovani coppie che quasi sempre desiderano una residenza alternativa/secondaria». In attesa di ottenere i permessi urbanistici è invece la loro cabin su misura costruita per essere installata sul Lago di Garda, un progetto dalla vocazione più residenziale, commissionato da un cliente maturo che ha cambiato lavoro e vuole vivere più a contatto della natura.
lam box è la casetta in legno realizzata da officina82
progetto di recupero della borgata selucente a garessio.
Roulotte a cinque stelle
Gli esempi internazionali che testimoniano il diffondersi di questa tendenza a livello privato non mancano. Spesso si tratta di annessioni a case già esistenti, per avere uno spazio alternativo, oppure di moduli prefabbricati installati velocemente in siti caratterizzati da una natura più o meno incontaminata. Lo conferma Maggiar, con una annotazione: «Il trend esiste. E tuttavia queste casette, per ora, raramente sono una soluzione abitativa residenziale definitiva. La superficie media interna è di 25 metri quadrati, il che rende difficile ospitare un nucleo famigliare. Inoltre, seguire il percorso classico di una soluzione da vivere significherebbe perdere un po’ di leggerezza lungo il processo, quando invece siamo alla ricerca dell’insolito». L’osservazione di questi progetti suggerisce che siamo ancora in una fase creativa e sperimentale, econidi, casette sull’albero e affini sono ancora appannaggio di pochi per tanti motivi, a partire dai costi e dalle possibilità logistiche. Reinterpretazioni contemporanee del concetto di roulotte, sono sicuramente una buona palestra dal punto di vista della ricerca e dell’innovazione, perché devono coniugare soluzioni efficienti ed efficaci senza rinunciare a un certo standard di comfort. Amiamo essere “vagabondi”, ma le comodità continuano a farci piacere…
può essere installata ovunque la cyclope tree house di ambroise maggiar. in cedro rosso, ha superficie interna di 16,5 mq, alla quale s’aggiunge il balcone.
Vivere liquido
L’aggettivo “liquido”, inteso come assenza di schemi rigidi, sta cominciando a calzare ambiti molto diversi: non è più solo la sessualità a esserlo, ma anche il lavoro ha avviato una trasformazione, così come la casa al suo interno, con le contaminazioni smart e gli ambienti multifunzionali. Non è insolito, dunque, pensare che anche il nostro modo di vivere la città potrà diventare liquido, trovando nuovi equilibri come auspicato dal concetto di mixité. Secondo Katrina Johnston-Zimmerman, questi progetti dal design così all’avanguardia «si rivolgono in particolare a un tipo di acquirente che sta cercando di creare qualcosa di proprio, tenere un giardino e godere di uno spazio maggiore per le proprie attività ricreative. In ogni caso, in futuro, i nostri desideri vagheranno verso piccole cittadine ben attrezzate piuttosto che orientarsi su alte concentrazioni di popolazione. Alcuni, ovviamente, vorranno o dovranno ancora lavorare e vivere in centro città, ma penso che le persone continueranno a riversarsi verso aree periferiche che altrimenti verrebbero ignorate o insediate da piccoli gruppi di persone selezionate». Quindi ci si orienta lentamente verso agglomerati con una maggiore dispersione sul territorio e una minore densità di popolazione, un modello che, in fondo, nei Paesi nordici sta dando già risultati in termini di qualità della vita. L’aspetto divertente è che a garantire il nostro riavvicinamento alla natura e a un modello più a misura d’uomo possa essere proprio la tecnologia: Katrina sostiene che la chiave del successo di questa formula sarà, è ovvio, un buon accesso a Internet. Ma ciò che importa, dice Lara Sappo di Officina82, è capire che fare innovazione sostenibile significa «progettare in maniera organica luoghi od oggetti dove uomo e ambiente siano in sinergia in maniera autentica».