Belgrado: La fenice risorta
Le città con un fiume hanno una marcia in più. Quando i fiumi sono due, l’appeal moltiplica. Unisci ai corsi d’acqua una bellezza anticonvenzionale, ed eccoti a Belgrado. Dove, insieme al Danubio e alla Sava, s’incontrano Mitteleuropa, Balcani e Mediterraneo (per non dire dell’Asia). Culture come placche tettoniche che, nei secoli, qui sono entrate in collisione. Sul suolo dell’odierna capitale serba, dove il primo insediamento risale al Neolitico, si sono combattute centinaia di guerre. Belgrado è stata ricostruita una quarantina di volte. È una delle più antiche città sul Pianeta abitata ininterrottamente, ma il palazzo più vecchio ancora in piedi risale al 1727 (si trova in via Cara Dušana, 10). Il lifting della città non si ferma, anche in vista dell’Expo prevista per il 2027 che, auspicabilmente, attirerà milioni di persone. Meglio visitarla al più presto, quindi, prima che vada in pasto alle masse e perda quel suo irresistibile carisma ruspante. Epicentro del nuovissimo che avanza, la zona del lungofiume Sava srotolata ai piedi del centro storico dominato dalla Fortezza d’epoca romana. Il progetto titanico ha l’appellativo anglofono di Belgrade Waterfront e vede riuniti Governo serbo ed Eagle Hills, società privata d’investimenti e sviluppo immobiliare con sede negli Emirati Arabi Uniti. Presidente: Mohamed Alabbar, nato a Dubai 67 anni fa e già fondatore della multinazionale di real estate development Emaar. Tra gli azionisti di maggioranza di quest’ultima, l’emiro di Dubai, metropoli dove svettano i progetti più celebri di Emaar (vedi Burj Khalifa, il grattacielo più alto al mondo, 828 m). Per farla breve, Mohamed Alabbar è colui che ha creato Dubai come destinazione turistica. Il tocco della sua Eagle Hills in Serbia è iniziato dieci anni fa preservando il patrimonio architettonico esistente con la ristrutturazione di palazzo Geozavod, ex sede della Cooperativa di Belgrado, banca fondata nel 1882 per “sostenere le piccole imprese, gli artigiani e i poveri della città”. Costruito tra il 1905 e il 1907, Geozavod è un eclettico capolavoro di architettura serba del XX secolo, tra Barocco e Art Nouveau: abbandonato da decenni, Eagle Hills lo ha tirato a lucido e ne ha fatto la sua opulenta sede locale. All’interno, anche il ristorante di haute cuisine Salon 1905. Proprio di fronte, ultime pennellate per il restauro certosino dell’Hotel Bristol, primo albergo edificato nella Capitale (1912) e grande dame dell’hôtellerie balcanica dove usavano alloggiare gli illustri passeggeri in viaggio sull’Orient-Express, e pure il tycoon David Rockefeller. Roba da ricchi anche il Waterfront vero e proprio, costruito da zero: 17 edifici residenziali con 3 600 appartamenti già completati, più altri 17 in costruzione. La Eagle Hills ci tiene a precisare che ci sono soluzioni abitative alla portata di tutte le tasche, con alloggi che partono da 3 120 € al mq (più tasse); i più cari, superano i 10 000 €/mq. Senza uscire dal compound si può fare shopping nel sontuoso mall Galerija e, tra più di 50 ristoranti e bar, mangiare una pizza da Jamie’s Italian Belgrade, sede serba della catena di locali dell’ex enfant terrible (ormai quasi 50enne) tra gli chef superstar, l’inglese Jamie Oliver. Punta dell’iceberg nell’area, Kula Belgrade, 168 m d’altezza per 42 piani pronti a ospitare – inaugurazione entro il 2024 – le camere dell’hotel St. Regis e le St. Regis Residences, residenze private gestite dall’omonimo gruppo alberghiero (le uniche altre St. Regis Residences al mondo si trovano a Londra, per dire).
la torre di kula affaccia sul waterfront.
il nuovo complesso residenziale west 65.
Le persone che passeggiano sulla promenade lungofiume – nata contestualmente a 14 km di nuove strade – o si rilassano sulle chaise longue che completano l’arredo della passeggiata sembrano apprezzare il Belgrade Waterfront. Le lascio al loro relax e vado a sentire cosa ne pensa l’architetto Bojan Kovačević, presidente dell’Accademia di architettura di Serbia. Lo incontro a un tavolino del Petit Bar in Cvetni Trg, la “piazza dei fiori”. Se di fiori non ce ne sono molti, abbonda la tipica way of life belgradese: seduti al bar a far chiacchiera. Il professor Kovačević ha, da sempre, un’opinione poco lusinghiera sul Waterfront. Gli chiedo se negli ultimi tempi le sue posizioni si sono ammorbidite: «È una cicatrice nel cuore di Belgrado», direi che non ha cambiato idea. «Un taglio netto nella silhouette cittadina, in contrasto con la città vecchia e la Fortezza». Va bene, ma l’area giaceva negletta e abbandonata, non è meglio così? «Prima del Waterfront c’erano già alcuni progetti per riqualificare la zona con la costruzione di edifici pubblici. Nel 2012 è arrivato in visita qui Rudolph Giuliani, l’ex sindaco di New York. Non so che cosa sia successo, ma i piani da allora sono cambiati…». Americani eccellenti sono coinvolti anche nel destino di un edificio simbolo della città, il Generalštab, ex quartier generale dell’esercito serbo semi distrutto dai bombardamenti Nato del 1999. Sembrerebbe che Jared Kushner, genero di Donald Trump, sia pronto a trasformarlo in un albergo di lusso. Kovačević è tra gli architetti impegnati nel tentativo d’impedirlo. In stallo anche il futuro di quel che resta dell’ex sede della Rts, la Radio-Televisione Serba, sempre colpita dalle bombe sganciate da americani e alleati negli ultimi anni del secolo scorso. Una decina d’anni fa, lo studio Neoarhitekti Beograd ha vinto una gara con un progetto per trasformarla in un memoriale (durante l’attacco hanno perso la vita 16 persone). Per ora, come il Generalštab, giace ancora in rovina nel centro città. Chiedo a Snežana Vesnić, assistente al Dipartimento di architettura dell’Università di Belgrado e tra i fondatori di Neoarhitekti Beograd, quando il memoriale vedrà la luce: «Per quanto riguarda lo stato di avanzamento dei lavori», spiega, «è stata fornita tutta la documentazione edilizia necessaria e sono state ottenute le approvazioni. È stato realizzato un modello speciale dell’edificio in scala 1:20 attualmente esposto nell’atrio del Centro Nazionale di Radiodiffusione. L’unica cosa che manca è la decisione di finanziamento da parte del Governo». All’elenco dei progetti in sospeso si uniscono la Vecchia stazione ferroviaria (diventerà un museo?) e la Sala da concerti della filarmonica di Belgrado. Quest’ultima, progettata dallo studio londinese Al_a come “straordinaria dimostrazione dell’ambiziosa visione di Belgrado per il suo futuro, espressione di armonia tra edificio e paesaggio, tra Est e Ovest, tra generazioni e tra culture”, dovrebbe sorgere non lontano dal Museo d’Arte Contemporanea all’interno dell’Ušće, il parco alla confluenza del Danubio con la Sava.
silosi: coworking per “creativi globali”.
Fatta e finita, invece, un’altra vittima eccellente degli ordigni Nato, la sede dell’Ambasciata cinese a Novi Beograd. Che è rinata come Lds, centro culturale cinese (con hotel), dove si organizzano corsi di lingua, calligrafia e Tai Chi. Firma cinese anche sulla ferrovia Budapest-Belgrado, megaprogetto su rotaia in fase di ultimazione. Novi Beograd: la Nuova Belgrado, tripudio brutalista rigidamente scandito in blocchi, con le fondamenta ben piantate in una serie di condomìni d’ispirazione lecorbusiana e d’epoca comunista. Parlo con Sladja, che abita qui da sempre, e non farebbe cambio con nessun’altra zona della città, e non solo perché gli affitti hanno avuto un’impennata (stipendio medio 900 € al mese; affitto di un bilocale anche 700 € al mese): «Praticamente ogni blocco dispone di negozi, scuola, ambulatorio medico, tutto quello che serve a portata di mano, insomma. E il centro si raggiunge velocemente con i mezzi pubblici». Il rinnovamento, comunque, è arrivato da tempo anche a Novi Beograd e si chiama West 65, quartiere firmato dallo studio londinese Fletcher-Priest con grattacielo d’ordinanza (40 piani), area pedonale, mall, ristoranti, bar, uffici e appartamenti. Che a oggi ospitano 2 000 persone, tra queste il tennista Novak Djokovic e famiglia. Spazi da colonizzare pure nell’ex area industriale sul Danubio. Da un paio d’anni qui spicca Silosi (silosi.rs), centro culturale creato dalla non profit Gaia Movement attorno e all’interno monumentali silos un tempo usati per lo stoccaggio del grano. Abbelliti da murales alti 28 m, i silos ospitano mostre d’arte e bazar di designer locali, concerti, talk, spettacoli teatrali, dj set e fanno da sfondo a un bar all’aperto dove i drink si sorseggiano seduti su sedie a sdraio allineate lungo il fiume, nel nome del beach chill out. Non mancano un orto urbano e pure alcune arnie per il miele. Quelli di Gaia ci tengono a sottolineare che: «Il progetto è nato senza sovvenzioni pubbliche, cosa abbastanza unica nel nostro panorama culturale per lo più affidato a finanziamenti statali o a iniziative altamente commerciali». Accanto a Silosi, nel palazzo Artklasa, si possono affittare gli spazi di coworking di Haos (haos.space), attrezzati con tutto quello che serve a “start-up, professionisti It e creativi con mentalità globale”. Praticamente, i frequentatori abituali di Silosi. Mi unisco a loro e, drink alla mano, mi accascio su una sdraio a guardare le acque del Danubio che continuano a scorrere, incuranti di quello che accade sulle loro sponde.