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Al Montreux Jazz Festival con Audemars Piguet

Stimolare e celebrare l’aspetto emotivo della vita umana è uno strumento per rendere omaggio a quanto di più prezioso possediamo: il tempo. Nutrire il tempo attraverso esperienze uniche e intrise di emozioni è la sua più alta celebrazione: l’ha capito Audemars Piguet, azienda svizzera di segnatempo d’alta gamma dal 1875 che ha scelto non soltanto di testimoniare il passare delle ore, ma di farsi catalizzatore di esperienze pensate per riempire e valorizzare ogni istante della nostra vita. I presupposti ci sono tutti, dunque, per stimolare la nostra curiosità e partire da Milano alla volta di Le Brassus, villaggio svizzero nella Vallée de Joux, considerato il paradiso delle complicazioni per orologeria, dove vengono progettati e messi a punto i meccanismi più importanti di questo settore, e farci accompagnare dove tutto ebbe inizio nel 1875, quando due giovani Jules-Luis Audemars ed Edward-Auguste Piguet decisero di unire la propria creatività e il proprio ingegno per assemblare e decorare orologi con il fuoco sacro della maestria e della passione. Nasce il primo esemplare – un orologio da taschino con cronografo rattrappente e un calendario perpetuo – nel 1881 che segna anche l’anno di nascita ufficiale della Audemars Piguet & Cie. Riesci a sentire una particolare energia passando per queste valli, in cui la loro comunità è parte integrante di un sistema di produzione che nasce dalla sua ampia disponibilità di materia prima. Quest’area, infatti, è rinomata per l’estrazione del ferro, luogo ideale, dunque, per realizzare ogni singolo componente in miniatura destinato agli orologi di manifattura svizzera.

Facciamo una sosta all’Hotel Des Horologers di proprietà della Maison: un 4 stelle superior super green dotato di palestra e centro benessere, dove non ho perso l’occasione di fare la mia pratica di yoga vista valle all’alba. Dopo la colazione, prima di uscire, ho visto lo chef che raccoglieva personalmente ortaggi e aromi per il menù del pranzo. La sua struttura a zig zag segue le pendenze del territorio senza interferire e modificare le sue curve sinuose. Realizzato naturalmente con il legno e la pietra della Vallée de Joux dall’orto che si affaccia sulla vallata.
Il progetto è di BIG – Bjarke Ingels Group, mentre la realizzazione dello studio di architettura svizzero CCHE, gli stessi due partner che hanno firmato il Musée Atelier Audemars Piguet.

Musée Atelier Audemars Piguet – Le Brassus, Svizzera

Le teche sferiche come pianeti che espongono i modelli che hanno fatto la storia della Maison, tra gli atelier dei Métiers D’art

Una macchina del tempo dove passato presente e futuro si fondono

Un’affascinante struttura a spirale che evoca la forma della molla che fornisce energia al movimento dell’orologio, sostenuta da 108 pannelli in vetro curvo, adiacente alla struttura classica preesistente, dove Jules-Luis Audemars ed Edward-Auguste Piguet hanno avviato la loro attività. Un messaggio di continuità con il passato e la tradizione che è riportato anche all’interno del museo, all’interno del quale è possibile vedere gli esemplari che hanno fatto la storia del brand – come il primo Royal Oak del 1972 – del dentro delle teche sferiche come pianeti con i loro anelli, orbitanti dentro una galassia. A un piano rialzato vediamo i Métiers D’art dai loro atelier, come angeli custodi di questo sistema che ha al centro – al posto del Sole – Universelle, l’orologio da polso più complicato mai prodotto dalla casa svizzera, risalente al 1899. Ma il percorso mostra anche degli esercizi di stile di una bellezza stupefacente: delle vere e proprie installazioni che offrono al pubblico una rappresentazione estetica e a tratti ludica di tutto quello che è possibile costruire con i movimenti complicati della Maison. E ancora, i modelli speciali realizzati in collaborazione con numerosi artisti e musicisti, tra cui Jay-Z, Quincy Jones e Mark Ronson.
L’attenzione e la forte connessione con la musica è da sempre nel Dna dei suoi fondatori. Uno dei primi progetti in cui l’azienda ha aperto le sue porte all’universo musicale è stato nel 2006, quando ha chiesto il supporto dell’EPFL (École Polytechnique Fédérale de Losanne) e di un gruppo di esperti, tra cui musicisti, per un programma di ricerca di 8 anni sulla tonalità acustica degli orologi del XIX secolo.

Non potevamo chiudere meglio questa giornata se non con una cena al Pré-Aux-Veaux, sulla Route des Montagnes, dove siamo stati fermati per una quasi mezz’ora da una mandria di mucche che ci scrutavano con i loro sguardi innocenti e malfidati dall’altra parte del finestrino dei nostri van.  Dopo un’accoglienza da favola, tra fiori di campo e campanacci rifiniti da cinture in pelle o in tessuto decorato con motivi floreali tradizionali. Ci siamo lasciati andare tra fondue, rösti e formaggi locali: dopotutto, il clima refrigerante delle montagne svizzere lo permetteva, mentre in Italia il sole scioglieva l’asfalto.

Un angolo dello Chalet di Claude Nobs, tra chitarre e opere d’arte firmato da chi è passato di lì

Una full immersion nell’universo visionario di Claude Nobs

Da appassionata di musica e di festival di ricerca quale sono, confesso di non aver mai visto niente di più vibrante come l’energia musicale che ruota attorno al Montreux Jazz Festival nel quale il jazz è solo uno degli aspetti di un evento che attrae ogni anno dal 1967 centinaia di migliaia di visitatori e vere star che hanno scritto la storia del rock, del reggae, del pop, del country, dell’hip-hop e persino della musica elettronica di ultima generazione.
Il suo nome deriva dal fatto che il giovane Claude Nobs, che allora lavorava per il Turismo di Montreaux, fosse un vero appassionato del genere e quando decise di realizzare prima edizione del Festival, per dare vita alle attività ricettive della riviera svizzera, volò a New York e si rivolse alla sua etichetta discografica preferita. Da lì successo del MJF assume proporzioni inaspettate: non è un caso se Quincy Jones lo definì: “La Rolls Royce di tutti i festival del mondo” perché tutti, ma proprio tutti i grandi della musica prima o poi sarebbero passati da lì.

Scoprire ogni angolo dei tre chalet di Claude Nobs è un’esperienza da perdere il fiato. Ogni anfratto di quelle case è intriso di musica e di ricordi, strumenti musicali, dediche scritte a mano, fotografie, vestiti, disegni o collezioni di vinili autografati di chiunque sia passato tra quelle stanze. Un luogo ancora vivo, che sia affaccia sul lago e sulla natura della valle, in cui riesci a percepire l’energia di chi ha fatto accadere qualcosa di grande, unico e irripetibile. Per i Queen quello era un luogo magico, per questo decisero di registrare proprio lì l’album “Jazz”, in omaggio “Montreux Jazz Festival” e non avrei mai immaginato di sentire il magone quando ho visto il famoso kimono che Freddy Mercury usò in concerto e che decise di lasciare lì a Claude (e io me lo ricordo quel kimono, tra la mia collezione di video in VHS dei concerti dei Queen), insieme al suo pianoforte. Ma non soltanto protagonisti della musica sono passati da lì: puoi trovare, infatti, anche opere di Keith Haring con dedica e i guanti autografati di Stallone, dischi d’oro e di platino firmati dagli artisti, flipper e jukebox ancora in funzione dal quale ho scelto una canzone di Sarah Vaughan. Le chitarre di B.B. King, Carlos Santana, Nile Rodgers, John MacLaughlin, un autoritratto di David Bowie e un’interpretazione in chiave elisabettiana dei Rolling Stones, realizzata dall’artista Jesus Diaz de Vivar.

Un’interpretazione elisabettiana dei Rolling Stones realizzata da Jesus Diaz De Vivar

Il famoso chimono utilizzato sul palco da Freddy Mercury

Il main stage e l’evento AP Parallel

Quest’anno il palco della 58ª edizione del festival ha visto esibirsi gli Air, i Massive Attack, Sting, Lenny Kravitz solo per citarne alcuni. E per chi non ha la possibilità di partecipare ai live esiste una piattaforma streaming per permettere a tutti di vivere il potere corroborante della musica che è di tutti e per tutti.  Intermezzo “intimo” a margine del Festival, ma di altissimo valore artistico per i cultori della musica elettronica contemporanea, Audemars Piguet ha realizzato il progetto Parallel: uno spettacolo esclusivo per 600 spettatori in una location segreta della Riviera di Montreux, rivelata solamente quando siamo arrivati a destinazione, a bordo di un trenino che ha viaggiato tra le montagne. Totem giganteschi sulle tonalità del tramonto hanno fatto da cornice a tre performance straordinarie degli artisti Mont Rouge, Mochakk e Black Coffee, che la community di AP si è aggiudicata attraverso un contest sui suoi canali social.


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