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Aiuto, arrivano i Norreni! In Danimarca è esplosa la febbre vichinga

Al Museo Nazionale Danese va in scena il volto della magia norrena con la teatralità del regista Kasper Holten che riporta in vita la Volva, la temibile veggente della società vichinga. Grazie al suo sguardo lo spettatore entra nei pensieri e nelle credenze di un popolo con una narrazione epica frutto delle scenografie di Steffen Aarfing. Prima tappa di un ciclo di eventi in programma che raccontano quanto l’eredità vichinga ancora oggi costituisca intrecci di vitalità culturale. Scrivere di mitologia norrena è un cammino in salita: impossibile non risalire le altezze dell’immaginifico Yggdrasill, il più imponente di tutti gli alberi, essendo l’Albero della vita. L’albero migliore di tutti reggeva le sorti del Cosmo e le sue braccia erano un intrico di rami che dalla terra si elevavano fino a raggiungere il Cielo. Attraversavano le diverse dimensioni del mondo. Tre le radici che lo tenevano eretto: la prima toccava il mondo inferiore degli dèi (gli Asi), la seconda i Thursi di brina, ovvero i Giganti di ghiaccio che precedettero la specie umana, la terza toccava Niflhel, la dimora dei morti, dalle cui acque nasceva la vita. Della sapienza di questo albero era infuso Odino, il dio supremo del mito nordico, e ai piedi del suo tronco le Norne tessevano il destino degli dèi e degli uomini. È all’ombra di questo universo simbolico che, a Copenaghen, il Museo Nazionale Danese ha allestito The Viking Sorceress, la cui messa in scena è curata dal regista teatrale Kasper Holten e da Steffen Aarfing alle scenografie. «In questa mostra riflettiamo su come i Vichinghi abbiano cercato di capire il loro posto nel mondo», dice il direttore del Museo Rane Willerslev. Per farlo hanno riportato in vita una figura dai tratti leggendari: la Vǫlva, leader di un culto femminile che, grazie all’esercizio delle pratica del seid, ovvero la magia norrena il cui potere permetteva di anche di abbandonare il corpo e avventurarsi nel mondo come spirito, ha ottenuto una posizione di potere nella società vichinga. «Gli esseri umani da sempre tentano di capire il mondo e la loro esistenza. Per farlo hanno chiesto risposte a sciamani, alla religione, ai libri di autoaiuto, agli psicologi, a Google e alle ChatGpt. I Vichinghi andavano dalla Vǫlva», osserva Rane Willerslev. Il mito canta la straordinarietà dei suoi doni, al punto che Odino si rivolgeva a lei per ottenere consiglio.

le raffigurazioni teatrali realizzate per the viking sorceress al museo nazionale danese.

La profezia dell’Edda 

Alle radici del mito c’è la Profezia della Strega Vichinga contenuta nell’Edda poetica, che in 29 canti racchiude ciò che è giunto a noi della mitologia norrena, propria dei popoli germanici che in età pre-cristiana abitavano il continente scandinavo. La messa in scena, visionaria e forte del duo Holten e Aarfing già attivo in diverse collaborazioni internazionali, si apre con la rivelazione a Odino del Ragnarok, la caduta del mondo degli dèi. Il crepuscolo incombe e la trama dei pensieri procede come un dramma che attraversa le credenze e le paure di un popolo di un altro tempo. Appartengono alla Vǫlva le interpretazioni e i presagi a cui assiste lo spettatore: immerso in una dimensione complessa tra l’epica di un mondo lontano che pur riecheggia con i suoi richiami a temi del presente con una natura in pericolo e la luce delle scoperte archeologiche e le speculazioni degli studiosi. L’eterna dimora della Strega Vichinga, i ricercatori ne sono certi, si trova al Castello di Fyrkat, nei dintorni di Hobro, nella regione dello Jutland Settentrionale. Nella tomba che le viene attribuita giace con il suo tesoro: un bastone magico e i semi di un potente allucinogeno. In fondo il potere più grande di questa figura, sia mitologica che terrena, era quello di saper leggere passato, presente e vedere nel futuro, navigando a vista attraverso terre che non odoravano di incenso.

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Interni del museo delle navi vichinghe di roskilde, a 30 km da copenaghen.

so danish!, viaggio dall’età vichinga a oggi. al centro di archiettura danese.

Navigazione e mito

Che i vichinghi non solcassero placide acque è un fatto, ma a Roskilde, sull’isola di Selandia, a 30 km da Copenaghen, esiste un luogo dove gli amanti dei mari in tempesta possono vivere l’esperienza di navigare a bordo delle tipiche imbarcazioni nordiche nel loro stesso mare, scoprire i misteri dei relitti che ancora giacciono nei fondali delle acque orientali della Danimarca grazie agli archeologi marini del Museo delle Navi Vichinghe. Nelle profondità di questo tratto di mare ci sono oltre 20 000 relitti, dall’età della pietra fino ai tempi moderni. L’acqua ricorda, al pari dei rapporti degli studiosi che annotano: 9 000 anni fa la superficie del mare era 30 m sotto quella odierna. E se il tempo è galantuomo, alla lunga le forze titaniche che abitano il fiordo e la luce del sole potrebbero danneggiare le cinque navi originali di Skuldelev, località del Fiordo presso Roskilde, affondate oltre 1 000 anni fa per scopi difensivi. Un nuovo progetto passa dalla carta all’azione per programmarne la protezione: un intervento estensivo, nonché ambizioso, da scandire nel tempo per dare nuova vita al complesso che prenderà forma, in armonia con l’ambiente – acqua e terra – e la tradizione architettonica dell’isola in tandem con l’epoca vichinga. Tutto il merito va all’impiego del legno. Il Nuovo Museo delle Navi, la cui progettazione architettonica è curata da Lundgaard & Tranberg Arkitekter A/s, accoglierà le cinque navi di Skuldelev nel 2030 solo dopo un intervento trasformativo. Intanto l’interesse per l’eredità culturale vichinga anche in architettura è in ascesa. Il Centro di Architettura Danese di Copenaghen dal 7 ottobre torna con un’edizione ampliata della mostra permanente sulla storia dell’architettura danese dall’età vichinga al tempo presente. So Danish!, titolo della mostra, è un’altra nota per il viaggiatore in cerca di storie.

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