Cina, l’alta velocità ha creato un debito non sostenibile
Nel giro di 15 anni, la Cina ha costruito la ferrovia ad alta velocità più lunga del mondo: 37 900 km in totale. Ma c’è un problema: si sta creando un indebitamento astronomico, pari a 5 500 miliardi di yuan, ossia circa 715 miliardi di euro.
Prima del 2008, David Feng evitava sistematicamente il treno quando viaggiava in Cina: «Era sporco, soffocante, buio, lento… per me era un servizio gestito da burocrati stanchi, simbolo di un’economia pianificata di un’altra epoca». Il “gaotie” (treno ad alta velocità in mandarino) gli ha fatto cambiare idea: «Il mio primo viaggio, il °1 agosto 2008, mi ha completamente soddisfatto: sono entrata in un vagone futurista come un aereo di lusso. Il treno ha raggiunto i 350 km/h, mi hanno dato dell’acqua minerale (in prima classe). Era rapido, pulito, ottimo il servizio!». Conquistato, non ha più smesso di prendere il Tav cinese, al punto da diventare un blogger specializzato sull’argomento: «Oggi faccio 120 000 km l’anno su un gaotie, non prendo più nemmeno gli aerei interni!». Feng non è il solo ad apprezzare l’efficacia e il comfort del Tav cinese: nel 2019, prima che il Covid obbligasse le persone a chiudersi in casa per buona parte dell’anno, la rete cinese aveva 3,57 miliardi di tratte a gran velocità: tre ad abitante l’anno in media. In tutto la rete a grande velocità conta 37 900 km, e la metà è stata costruita nei cinque anni scorsi. Solo nel 2021 dovevano esserne inaugurati altri 3 700 km: in un un anno, più del totale delle linee francesi (2.800 km) o più italiane (1 500 km). La Cina, che nel 2007 non aveva una sola linea hig speed, oggi rappresenta i due terzi della rete mondiale. Inoltre, è protagonista nella produzione di treni rapidi, che esporta in numerosi Paesi.
L’alta velocità necessita un cambiamento di paradigma
Il progetto della grande velocità cinese nasce negli Anni 80. Deng Xiaoping mette fine alla Rivoluzione culturale e avvia la modernizzazione del Paese. Impressionato dallo Shinkansen durante un viaggio in Giappone, nel 1978, comincia a sognare la grande velocità per la Cina. Ma il Paese, ancora poco sviluppato e poco interconnesso a causa di infrastrutture limitate, ha altre priorità. Il successore di Mao Zedong si vuole assicurare che i treni regolari funzionino. Nel 1990, il Ministero cinese dei trasporti scelse di costruire una prima linea veloce tra Shanghai e Pechino e di aumentare progressivamente la velocità delle linee esistenti. Il Tav cinese viene rimandato all’anno seguente. All’avvicinarsi del millennio, tuttavia, più linee cinesi bussano alla porta dell’alta velocità, superando per la prima volta i 200 km/h in alcuni tratte ferroviarie. Del resto, entrare nella zona della grande velocità – al di là dei 250 km/h – necessita un cambiamento radicale di paradigma: linee più dritte e meglio costruite, ma soprattutto treni più potenti e più aerodinamici. Quale tecnologia scegliere? All’epoca, il dibattito impazza tra i sostenitori del treno veloce e quelli di Maglev, una tecnologia che fa levitare i treni grazie a un forte campo magnetico, evitando anche la frizione delle ruote. Shanghai si dota di un Maglev tedesco per collegare l’aeroporto di Pudong alla città, ma la tecnologia è giudicata troppo costosa e meno sicura,c osì il treno tradizionale ha ancora una volta la meglio.
La Cina punta a raggiungere 70 000 km di linee entro il 2035
Le autorità decidono di fare appello a tecnologie straniere per accelerare il processo: il francese Alstom, il tedesco Siemens, il canadese Bombardier e il giapponese Kawazaki vendono treni, brevetti e moltiplicano le joint-venture sul territorio cinese per tentare di ottenere una parte di questa torta gigantesca. «Ci sono state tre tappe: in primis, negli Anni 90, l’esplorazione, poi diverse fasi di accelerazione della rete. Subito dopo, tra il 2004 e il 2007, una fase di assorbimento delle tecnologie straniere, per superare i 200 km/h. In seguito, dopo il 2008, una fase di digestione di queste innovative tecnologie d’importazione, con lo sviluppo del treno Harmonie, che raggiunge i 350 km/h», spiega Li Yuanfu, professore di Ingegneria dei Trasporti all’università Jiaotong del Sudovest, con base a Chengdu. L’ultima tappa vede il Tav cinese prendere la sua strada: mentre il modello Harmonie unisce le tecnologie dei suoi partner stranieri, un progetto lanciato nel 2012 punta a elaborare un treno basato su tecnologie in prevalenza cinesi. Il suo nome è un simbolo: “Rinascita”, in riferimento al progetto caro al presidente Xi Jinping di “rinascita della nazione cinese”. Grazie alle loro tecnologie, i cinesi possono depositare brevetti che permetteranno loro di esportare il proprio savoir-faire, inglobando la vendita di treni e la costruzione di linee. Una quindicina di anni dopo aver collaborato con i leader mondiali della ferrovia, il Paese si lancia all’assalto del mercato internazionale, con un’offerta spesso meno cara e opzioni di finanziamento proposte in parallelo dalle sue banche di Stato… Quanto basta per sedurre i Paesi in via di sviluppo… La Cina non ha previsto di rallentare il ritmo: il Paese punta a raggiungere 70 000 km di linee di qui al 2035. Se il Tav facilita i viaggi dei cinesi, rompendo l’isolamento delle città, la mobilità sul lavoro, alcuni considerano questa espansione fuori misura.
Il Tav non contempla la redditività a breve termine
«Per me, il Tav dovrebbe limitarsi a collegare Pechino, Shanghai e Canton. Per il resto della Cina, la domanda non è sufficiente e treni meno cari, molto meno cari, basterebbero», ritiene il professore Zhao Jian. «Queste linee sono costruite su un debito. Oggi quello di China Railway supera 5 500 mld di yuan!, ossia 715 mld di €. Non è sostenibile!», deplora l’economista. Questo finanziamento massiccio dello Stato inquieta anche i concorrenti, d’altronde, che lo accusano di abbassare i prezzi per impadronirsi di quote del mercato internazionale. In sostanza, di fare dumping. Anche in Cina il problema comincia a essere avvertito: CR ha pubblicato un piano lo scorso gennaio per tentare di stabilizzare il debito. Difficile fare il bilancio di un progetto così faraonico: a oggi, solo la linea Pechino-Shanghai è redditizia. Per il resto, il Tav non contempla la redditività a breve termine: il suo sviluppo accompagna l’urbanizzazione cinese e la modernizzazione del Paese. Riuscendo ad arrivare da Shanghai a Pechino in quattro ore e mezzo con una regolarità da orologio svizzero, il Tav ha fortemente ridotto la domanda di voli interni, dieci volte più inquinanti. Nello stesso tempo, le linee nelle zone meno popolate hanno un bilancio economico ed ecologico più difficile da difendere. «Il Tav non si prefigge di essere redditizio: consente lo sviluppo economico di tutto il Paese, soprattutto delle città più piccole. Inoltre, permette di ridurre le emissioni di CO2, sostiene l’attività economica e l’innovazione», si entusiasma Li Yuanfu. Prima di concludere: «Soprattutto, partecipa al prestigio della Cina!». Una dimensione patriottica che ha la sua importanza.