
Piemonte stellare. Nel nuovo SpacePark di Argotec
In auto sulla Milano-Torino, mentre inusuali nuvole basse si mangiano il paesaggio, l’astronauta Paolo Nespoli dice: «Siamo entrati nell’epoca delle guerre stellari». E la suggestione che utilizza è sia letteraria sia letterale. Perché ci sono governi che già studiano come boicottare le missioni spaziali di altri governi «con mezzi leciti e illeciti», informatici o fisico-magnetici, per impedire agli avversari strategici lo scambio di informazioni e telecomunicazioni. Perché i satelliti attivi in orbita sono già 10 000 e saranno sei volte tanti entro il 2030, oggetti che arrugginiscono oppure rimangono a roteare nell’empireo come immondizia spaziale (space debris), sottoponendo a rischio d’impatto altre future missioni. Perché già si mandano in cielo sonde con il compito di schiantarsi contro meteoriti che sfrecciano nel blu, per valutare di quanto se ne possa deviare la rotta, salvando l’umanità, in caso di un rischio Armageddon. Perché la Space Economy vale già 600 mld di $ e il tasso di crescita in previsione è esponenziale: tre trilioni di $, per gli analisti, da qui alla metà del secolo. Ormai giunti a destinazione, osservando la nuova sede di Argotec a San Mauro Torinese, Paolo Nespoli dice ancora: «Sembra di stare dentro un episodio de I pronipoti», il cartone animato di Hanna & Barbera (in inglese The Jetsons) pensato esattamente come i Flintstones però proiettato nel futuro, con le navicelle interstellari al posto dei brontosauri. E in effetti, la struttura tutta bianca e circolare ha quel fascino lì, progettata negli Anni 80 dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyer e rimasta abbandonata per un bel po’.

l’edificio firmato da oscar niemeyer, inutilizzato per 20 anni, è stato recuperato da argotec così che la sede della nuova space company non consumasse suolo.
Finché l’imprenditore David Avino non ci ha visto – oltre al sapore fumettistico che mai guasta allo storytelling – anche una buona occasione per fare circular economy ed ecologia applicata: «Abbiamo calcolato che valorizzando una struttura esistente, al posto di costruirne una nuova, avemmo risparmiato 5 500 metricubi di cemento oltre al carburante per spostare le 500 betoniere necessarie a movimentarlo. Certo, realizzare laboratori e centri di controllo dentro stanze rotonde, considerando che sia gli schermi che strumentazioni hanno angoli retti, è una follia». E vabbé. Non peggio di aver studiato informatica per poi fare carriera nei paracadutisti. E, dopo aver fatto carriera nei paracadutisti, aver mollato tutto per trasferirsi in Usa a disegnare software per la Nasa. E poi di nuovo in Europa come istruttore nel centro di addestramento astronauti di Colonia. «Ho iniziato come tuo allievo», gli dice l’astronauta Luca Parmitano incrociandolo in mezzo alle autorità accorse per l’inaugurazione: «Oggi, davanti a quanto hai costruito, mi ricordi un po’ Paul Newman ne La Stangata». Con riferimento non alle truffe, ovviamente, ma alla portata della scommessa, visto che l’investimento sulla nuova space company Argotec è di 25 mln di €, le nuove assunzioni saranno 100 («tutti under 30», sottolinea Avino) e il progetto ambizioso: costruire da zero e completamente in house almeno un microsatellite a settimana, quella nicchia di strumenti destinati a roteare nell’orbita bassa della Terra (tra i 500 e i 1 000 km di altitudine) e grandi in modo variabile, da una valigetta 24 ore fino alle dimensioni di un frigobar. E destinati al monitoraggio fotografico della natura, sia essa terrestre o galattica: «I nostri satelliti saranno parte di Iride, la costellazione satellitare pensata per supportare la Protezione Civile e le amministrazioni nel contrasto al dissesto idrogeologico, nella prevenzione degli incendi, nella tutela delle coste e nel monitoraggio delle infrastrutture critiche». Occhi su occhi, ma non soltanto: anche centri d’elaborazione spaziali con capacità di calcolo pari ai server sulla Terra, per realizzare immagini del suolo che potranno essere rispedite qui giù al peso di un sms, dopo che l’informazione è stata elaborata. E in più, con la capacità di catturare immagini ben oltre il territorio italiano e di essere quindi rivendute a clienti potenziali, governativi e no, in tutta Europa.

il robot atena “semplifica” le simulazioni delle performance dei satelliti.

prevista anche la costruzione di piccoli satelliti e di sottosistemi per il comfort degli astronauti.
Allo SpacePark sfilano i protagonisti e prende la parola Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana: «Il nostro Paese è in grado ormai di presidiare ogni ambito della space economy: è nostro il primo contractor della missione Ramses, per monitorare il passaggio dell’asteroide Apophis nel 2029, così come sarà progettato a Torino il modulo abitativo che ospiterà gli astronauti sulla Luna per la missione Artemis». E anche Adolfo Urso, ministro dello Sviluppo economico, non si fa scappare l’occasione: «Abbiamo investito nel settore sette mld di € e presentato la prima legge nazionale sullo spazio, che sarà pioniera in tutta la Ue per regolamentare un settore in cui ormai si muovono sia i privati sia le nazioni. E la nostra base di Malindi è destinata a diventare un centro di lancio satellitare di livello planetario, oltre che hub per le operazioni dell’Agenzia spaziale africana». Nel frattempo, Argotec si gode le prime commesse: ordini di microsatelliti per Henon, missione per esplorare rotte inedite tra il Sole e il pianeta Terra oltreché studiare la meteorologia spaziale (space weather) e gli effetti del vento solare. Poi Lumio, per monitorare l’impatto di meteoriti sulla superficie nascosta della Luna. Quindi la See Mission, che registrerà le emissioni ultravioletta, soft-X e Gamma della nostra stella. E come in cielo così in Terra, ecosostenibilità al centro: «Dopo cinque anni in volo, i nostri satelliti deorbitano automaticamente e a contatto con l’atmosfera si disintegrano. Spazzatura interstellare, secondo il principio “detriti zero”, noi non la produciamo». E poi c’è il settore legato al benessere degli astronauti in orbita e della “spazializzazione” di prodotti pensati per l’uso mondano, come l’avventura che nel 2015 portò Alvino a costruire con Lavazza la prima macchina per il caffè espresso ingegnerizzata per essere goduta sulla Stazione Spaziale internazionale: «L’ambito di riferimento, per tutte queste opportunità è la space commercialization». Secondo il motto di questo viaggiatore intergalattico della fantasia: «Pensa in grande, comincia in piccolo e, nel frattempo, muoviti velocemente».