Ritmi antichi e memoria del corpo: come la danza rivela il nostro sé profondo
«La relazione tra la mente e i pensieri assomiglia a quella che troviamo tra il cielo e le nuvole: nessuna…», dichiara Annamaria Gyoetsu Epifanìa, danzatrice, monaca e maestra zen, danzaterapeuta e insegnante di Tai Chi – Qi Gong, nonché autrice del libro Se respiri, stai danzando (Lindau, 2020): «I pensieri sono secrezioni della mente e osservarli ci rende liberi perché smettiamo di dialogarci: il silenzio è tornare a essere universo allora lasciamo andare ogni fonte di reattività». E continua: «Per me è un impegno enorme, ho sangue caldo e i miei erano dei bestemmiatori. Ma la rivoluzione per me è stata capire la gentilezza di andare verso l’Altro e la possibilità di essere quello che voglio: rivoluzionariamente serena». Da danzatrice classica si è messa alla ricerca di quel danzare della natura o di quel fluttuare che è dentro di noi per intraprendere poi le strade che l’hanno resa ciò che è oggi, una monaca della danza interiore e una maestra del ballo delle emozioni: «Il danzatore classico deve controllare tutto», spiega, «così non conosce le reali possibilità espressive del proprio corpo. Io cercavo delle risposte, finché mi sono resa conto che la danza è nella natura delle cose e va trovata in noi stessi. “Se respiri, danzi”, mi ero detta. Nella mia vita di ballerina classica tutto è cambiato quando ho incontrato un drammaturgo che, dopo avermi chiesto che significato avessero per me i movimenti del riscaldamento, mettendo in crisi le mie certezze, mi ha poi domandato se avessi paura di essere brutta. Certo, ne avevo moltissima! Da quel momento si sono aperte molte porte, compresa quella che rompeva la schiavitù dalla musica. C’insegnavano a esserne dipendenti, ma si può fare il contrario, lasciando al corpo la sua rivincita». Il corpo è un tramite, uno strumento verso la spiritualità, verso una ricerca universale alla domanda antica quanto l’uomo: chi siamo? «Il corpo per me è il mio tempio. Perché il corpo ha una mente fatta della memoria delle cose che ha toccato. Il corpo insegna a sentire tutto, luce, tenebra, calma… buttarsi a terra e poi riemergere. Si medita con il corpo: lo Zen prevede una postura di allungamento nella verticalità. Il corpo allora è il tramite del meditare e quella postura dà stabilità alla mente».
il marocchino taoufiq izeddiou, con hors du monde, va in scena al romaeuropa festival.
Il teatro è stato per lei un’altra svolta. Con Eduardo De Filippo ha sentito il vuoto e la freddezza del terreno di scena e il pieno fluire di una danza interiore nella felicità di esprimersi sul palco; ma il teatrodanza le ha aperto le porte verso un uso creativo di quella forma espressiva come strumento di conoscenza, di sé e del mondo, al quale regalare la propria anima. Dal teatro viene anche un’altra sacerdotessa del meditare in forma danzata: Maia Cornacchia. Filosofa, allieva e collaboratrice di Jerzy Grotowski, docente presso la scuola di pratiche filosofiche Philo nell’ambito della meditazione corporea, ha messo a punto le sue Pratiche di lavoro organico nel 1985. Nel titolo c’è molto del suo approccio. “Pratica” perché si mette in ascolto dell’esperienza accogliendo le domande (senza necessariamente fornire risposte); “lavoro” perché esplora le possibilità percettive per abitare consapevolmente il corpo, il silenzio e il mondo; “organico” perché è un sentire che si pone in relazione e fa spazio alla vita lasciando affiorare un sapere che sa rinnovare le nostre risposte. «Il lavoro negli asilo nido mi ha illuminato», spiega Cornacchia, che ricorda: «Alle educatrici dicevo: “Provate a imitare il modo di muoversi dei bambini piccolissimi”. Perché quell’intelligenza involontaria, organica, che poi crescendo lascerà il posto all’intelligenza volontaria, è un fiume carsico dentro di noi». Insieme al silenzio, grande alleato nella ricerca sul sentire. «È un’apertura della percezione», continua, «il teatro delle sorgenti di Grotowski si basava su un esercizio: non dare il nome alle cose. Non è facile non nominare quello che si vede, ma in quel momento si attiva il chiacchiericcio della mente. La spiritualità è qualcosa che puoi sentire se fai spazio all’ascolto, all’Altro: ognuno di noi è una goccia d’acqua, dunque unico e irripetibile, ma parte di un tutto più grande. Ecco perché occorre sviluppare familiarità con l’acqua di cui siamo fatti». Forse è così che Georges I. Gurdjieff rendeva possibili i suoi Incontri con uomini straordinari (raccolti nell’omonimo libro edito in Italia da Adelphi), che Pina Bausch ha rivoluzionato la danza e l’uso del corpo sulla scena; o che Grotowski ha ripensato il modo di fare teatro: «Essere presenti, attenti e in ascolto sono tre parole chiave di Grotowski che ho fatto mie per condurre le meditazioni attive nella natura».
l’associazione armonia: danza gipsy, tribal, orientale creativa per l’equilibrio interiore.
al festival d’avignon 2024: danze circolari di 200 danzatori amatori e professionisti.
euripides laskaridis, con il suo spettacolo lapis lazuli, è in tour in diversi teatri italiani.
E se il teatro danza di Bausch continua ad andare in scena con la compagnia da lei fondata tra classici e nuove coreografie (pina-bausch.de), quella modalità espressiva è ormai imprescindibile per la danza contemporanea. Nei modi più diversi, per esempio mettendo al centro questioni spirituali, come fa il greco Euripides Laskaridis con il suo Lapis Lazuli, uno spettacolo tra terra e cielo, questo autunno in scena in diversi teatri italiani (euripides.info) oppure Taoufiq Izeddiou, punto di riferimento della danza contemporanea in Marocco, con lo spettacolo Hors du Monde, in scena al Romaeuropa Festival (il 26 e 27 ottobre), in cui si misura con la trance rituale della tradizione marocchina. Di trance dance si parla molto e sta diventando una pratica diffusa, sperimentabile anche online (per averne un’idea si veda: shamanictrancedance.global), all’insegna di una connessione con un mondo antichissimo da ritrovare in se stessi a occhi bendati. E il mondo tribale esercita richiami sempre più forti per la sua carica emotiva ed espressiva, complici le percussioni africane, suonate dal vivo in corsi da praticare in tutta Italia (tra i migliori centri quello milanese di Karamogo – karamogo.it – e a Pisa il Drum Circle Spirit – drumcirclespirit.it). Che la danza ponga l’uomo in relazione al divino, d’altronde, è noto ai popoli di tutto il mondo da sempre; mentre che il movimento all’aria aperta stimoli forme di meditazione, lo sperimenta chiunque cammini su un lungo sentiero. Ora il percorso dalle discipline orientali alle neuroscienze mostra che sono questioni (anche) fisiologiche. Lo spiega Irene Leo, psicologa, psicoterapeuta e professoressa all’Università di Padova: «Le domande sono sempre le stesse: ci s’interroga su cosa significhino il benessere e una vita degna di essere vissuta. E la psico-neuro-endocrino-immunologia oggi risulta una disciplina capace di offrire evidenze scientifiche nel considerare la persona come sistema integrato». Ma c’è una “danza” speciale, che ha mostrato effetti simili a quelli della meditazione in chi la pratica: è l’arrampicata in parete. «È un’attività che perché mette in azione tutto il corpo, spinge a gestire sfide a livello fisiologico, cognitivo, emotivo attraverso la produzione di movimenti originali e la promozione di soluzioni alternative a quelle abituali. La risonanza magnetica funzionale dimostra infatti che meditatori e arrampicatori presentano identiche modifiche della corteccia prefrontale. Con tutto quel che ne consegue: maggiore attenzione, migliore elaborazione delle informazioni e della gestione delle emozioni». Quel mix di adrenalina e concentrazione costringe a stare nel presente, senza distrazioni. E a danzare, anche sulla roccia, nel qui e ora.