Cassian Schmidt. La natura: niente di più, niente di meno
Tra i designer del paesaggio è considerato un protagonista del “New German Style”. Ma la definizione non gli piace. «Non amo particolarmente la parola “stile”. Direi piuttosto che, il mio, è un approccio che trova basi scientifiche nel principio delle “comunità vegetali” trasferito in orticoltura. È fondato sulla capacità di tenere insieme tre fattori fondamentali: estetica, ecologia, facilità di manutenzione. Questi aspetti devono poter interagire tra loro nella progettazione di uno spazio verde; la mia ricerca va nella direzione di comprendere come raggiungere il massimo risultato in termini di estetica ottenendo un effetto molto naturalistico, ma riducendo allo stesso tempo la necessità di risorse, acqua, fertilizzanti, manodopera». Chi parla è Cassian Schmidt, 59 anni, tedesco di Essen, considerato tra i maggiori architetti del paesaggio internazionali e capofila di questo nuovo approccio sostenibile al plant design nato nei primi Anni 90 dalla visione di Richard Hansen. In Germania e nei Paesi Bassi ha una lunga storia e fa largo uso di specie a bassa necessità di manutenzione, come le piante perenni e quelle erbacee. Anche se si muove su terreni contigui, Schmidt si definisce «un architetto del paesaggio il cui principale interesse è il plant design». Ha studiato con eminenti architetti del territorio come Peter Latz, progettista del Landscape Park Duisburg Nord e Cristoph Valentien, ha un master in orticoltura e una laurea in architettura del paesaggio ma per oltre sette anni ha acquisito competenze pratiche sul campo: «Un buon architetto del paesaggio deve racchiudere in sé competenze diverse – spiega – personalmente mi ritengo un ponte tra un designer con fondamenti di ecologia e un giardiniere con le sue capacità pratiche. Il mio ambito d’azione prediletto è capire come le piante interagiscono tra di loro e quali sono i fattori cruciali perché possano coesistere nel lungo periodo, raggiungendo un punto di equilibrio di sostenibilità per ridurre al minimo le necessità di mantenimento». Schimdt in questi giorni è in Italia, a Bergamo, invitato come guest star al Landscape Festival – I Maestri del Paesaggio, che si è appena tenuto nella città lombarda. Il paesaggista tedesco ha tenuto una lectio magistralis nella giornata d’apertura e ha supervisionato il progetto per l’allestimento della Green Square di quest’anno, cioè il giardino temporaneo che nei giorni del festival occupa la scenografica Piazza Vecchia nel cuore di Bergamo Alta. Ad aggiudicarsi la realizzazione della Green Square è stata una selezione di studenti dell’Università tedesca di scienze applicate di Weihenstephan-Triesdorf, alla quale Schmidt è particolarmente legato, visto che nel 1996 vi ha conseguito la laurea in Architettura del paesaggio.
“prateria” di un campus liceale pubblico, progettata con gli architetti paesaggisti küber (fürstenfeldbruck, bavaria, germania, 2015).
“steppa urbana” nel giardino hermannshof (weinheim, germania, 2018), ottenuta per mezzo di piante perenni a fioritura autunnale e grasse.
Il tema del progetto, seguito da Cassian Schmidt soprattutto per la parte di plant design, è Forgotten landscape. Quello “dimenticato” è il paesaggio fluviale della valle del Po lungo la Pianura Padana e proprio a partire da questo tema si snoda il discorso di Cassian Schmidt. In che senso il paesaggio padano sarebbe stato dimenticato? «Il bacino del Po non è apprezzato come merita: è poco accessibile, sconosciuto ai più e per questo particolarmente a rischio. Le terre che fanno parte del suo ecosistema fluviale sono sempre state richieste dall’agricoltura perché particolarmente fertili. Rimangono tuttavia alcuni brandelli di questo paesaggio, che devono essere conosciuti ed esplorati per poter essere conservati. Serve un processo di riconsiderazione di questi ambienti, anche perché hanno un ruolo importante per l’equilibrio dell’ecosistema, per esempio grazie al fatto che molte piante sono in grado di assorbire l’acqua in eccesso mitigando gli effetti di alluvioni o straripamenti. Quello che intendiamo fare con questo progetto è creare qualcosa di nuovo, mettere la natura su un palco per permettere a tutti di conoscerla meglio. È una sfida anche dal punto di vista estetico, perché la maggior parte delle piante native del Nord Italia dà il meglio da maggio a giugno mentre qui dobbiamo ottenere il massimo risultato a settembre». Il progetto degli studenti dell’Università Weihenstephan-Triesdorf coordinati da Schmidt porta i visitatori ad attraversare i diversi ambienti toccati dal fiume quali la foresta fluviale, l’ambiente arbustivo erboso, le praterie umide, riproducendoli attraverso un gioco di livelli tra erbe basse e fiori di campo, praterie con arbusti e infine alberi come salici e pioppi.
"paesaggi americani” in un parco realizzato su un ex sito militare usa con gli architetti paesaggisti lohaus-carl (augsburg, germania, 2014-2019).
Eventi come quello di Bergamo segnalano l’innalzamento del livello di attenzione sui temi della conservazione dell’ambiente. Argomenti sui quali il plant design può dire molto, anche se in Italia c’è ancora un gap da recuperare con i paesi del Nord Europa: «È una questione di tradizione: se in Germania il dibattito sull’architettura del paesaggio è partito già negli anni 80 con i movimenti ecologisti, nel vostro Paese è più recente. In Germania ecologia e biodiversità hanno un peso importante nel dibattito pubblico e forse da noi su questi temi c’è un eccesso di regolamentazione e restrizioni per gli architetti del paesaggio. Non conosco bene la realtà italiana, ma non avere alle spalle il peso di una tradizione ingombrante potrebbe essere una cosa positiva in termini di apertura e libertà di pensiero». L’utilizzo del verde in architettura è una tecnica sempre più rilevante, non solo per motivi estetici, ma anche come soluzione di problemi funzionali, in particolare quelli legati al cambiamento climatico. In questo senso che ruolo hanno gli architetti del paesaggio e i plant designer? «Direi un ruolo cruciale. In questa fase siamo protagonisti, perché le aree verdi possono giocare un ruolo importante per ridurre gli effetti del cambiamento climatico. In particolare il verde urbano può compensare l’impatto delle cosiddette isole di calore urbane. Grazie agli alberi, arbusti ed erba in un giorno di sole l’effetto si può ridurre anche di 10 gradi, mitigando anche le temperature medie notturne. A questo scopo sono importanti gli alberi, perché fanno ombra, ma anche tutto ciò che è a livello del terreno perché concorre ad assorbire le sostanze inquinanti. C’è poi il tema della biodiversità urbana, che è paradossalmente maggiore di quella delle aree coltivate: va dato risalto a quest’aspetto. In ambiente urbano parlare di plant design è riduttivo: si tratta di ingegneria verde, che dev’essere intelligente, tecnica ed ecologica». Qui il pensiero di Cassian Schmidt corre sui binari del New German Style di cui è depositario e tocca anche l’argomento manutenzione, tallone d’Achille di molti progetti avveniristici di architettura del paesaggio: «Io credo che nei prossimi anni il ripensamento delle città passerà da soluzioni tecnologicamente evolute al servizio del verde urbano. Penso ai giardini e ai manti erbosi sui tetti, soluzioni percorribili anche in italia, non certo nei centri storici ma in aree più industrializzate. La chiave, però, sarà la sostenibilità in termini di consumo di risorse idriche e di costi di manutenzione. In questo senso, seppur molto interessanti, progetti come il Bosco Verticale di Milano non possono rappresentare un modello, perché hanno costi di manutenzione elevati e per funzionare si basano su meccanismi molto complessi e delicati». E i parchi? Quali caratteristiche devono avere secondo l’approccio di Schmidt? «Devono essere flessibili, privi di troppe strutture che ne vincolano il funzionamento, progettati per durare secoli, non anni. In alcuni casi i modelli classici, rivistati, funzionano ancora oggi. Basti pensare al Landschaftspark Riem a Monaco costruito nel 2005 che riprende in stile moderno gli stessi identici elementi del Englischer Garten della città bavarese».