Il ritorno, glorioso, dei festival dell’elettronica
Il deejay olandese Don Diablo – che le restrizioni per il coronavirus deve averle digerite parecchio male – ha covato stratagemmi mefistofelici: si è esibito in diretta internet a mollo nella sua piscina, con i vestiti addosso, sganciando remix dallo spazio angusto del suo bagno. Non riesce difficile immaginare cosa abbia usato come sedile. A futura memoria dei trascorsi tempi bislacchi, si trova ancora tutto su YouTube. Per continuare a saltare, non lasciarsi immobilizzare dai lockdown, gli altri giganti della dance, schivando la toilette, si sono accontentati del salotto o del tinello. I più opulenti non hanno tenuto a freno né i budget né la creatività: Martin Garrix è salito fin sopra una torre e filmato un set a bordo di una barca, con un trionfo di droni registi a dettare la prospettiva; David Guetta si è esibito sull’eliporto del Burj Al Arab, la vela di Dubai, uno degli hotel più lussuosi al mondo, oppure davanti alla piramide del Louvre. Ovunque, comunque, era il vuoto attorno, una desolazione profonda, una mestizia radicale. Il re è nudo senza i suoi sudditi, un dj ancora peggio: pare un esagitato da internare, un matto che urla «su le mani», «voglio sentirvi cantare», «fate un po’ di rumore», diretto a un nulla cosmico indifferente, a un altrove muto e invisibile. Per quasi due anni, la musica elettronica non ha perso il suo ritmo, però ha smarrito la sua essenza: gli eventi dal vivo. La sostanza di un settore che muove – in senso letterale – 412 milioni di persone sul pianeta, che produce 1,3 miliardi di dollari tra vendite di pezzi e streaming. Nel 2021 ha fatto registrare un aumento del 32% rispetto all’anno prima (dati Ims Business Report 2022, la ricerca di riferimento del comparto). Segno che, nonostante i club chiusi – chiamarle discoteche è così d’altri tempi –, con i set per la maggior parte cancellati o sospesi (online a parte), la gente non ha smesso di spendere per riempirsi le orecchie di tormentoni accattivanti, testi semplici e ammiccanti, ritornelli dal passo frenetico da ballare finché ce n’è.
Sono mancati i tasselli fondamentali: i festival. Gli ultimi recuperi di normalità a essere sdoganati in quanto apoteosi di assembramenti, esasperazioni di prossimità. Dal 2020 in avanti, si è assistito a disperati tentativi di rimozione, di negazione dell’ovvio: giornate e nottate confermate dagli organizzatori quasi fino all’ultimo, sventolando il simulacro di una miope resilienza. Infine, cancellate d’imperio dalle autorità di fronte ai casi galoppanti e alle norme stringenti.
il festival belga tomorrowland è noto per le sue scenografie bizzarre e fantasy
sziget, a budapest
sziget, a budapest
È toccato a Ultra, Tomorrowland, Sziget, alle altre icone europee. Tutto sospeso, congelato, rimandato, salvo riflussi di clandestinità: chi scrive lo scorso settembre si è intrufolato in un party blindato in un noto locale di Ibiza, con tavoli venduti a mille euro a persona. I cellulari venivano incerottati, squadroni di bodyguard minacciosissimi controllavano che nessuno facesse foto o video. Non girava droga, giusto qualche importante deejay che scaldava una calca illegalmente ravvicinata. Incoscienza da dipendenza da bassi. Il 2022 coincide con la stagione del grande recupero dell’ecumenicità. Della vendetta sul tempo rubato, dello sfogo di energie compresse e sopite, del desiderio compiuto di ritrovarsi uniti da qualche parte, urlando contro il cielo o una console. Sensazioni, di nuovo, corroborate dai numeri (per un approfondimento, vedi box a parte): il mercato dei festival si prepara a fare i conti con una stagione da perenne sold-out. La stima è che a fine 2022, a livello di biglietti venduti, saremo a quasi il doppio rispetto al 2019. Più che un Rinascimento, una crescita da record.
Il caso principe è Tomorrowland, in Belgio, che ha visto polverizzarsi in dieci minuti i 600 mila biglietti messi a disposizione per i tre weekend di luglio. Un fine settimana in più del solito, aggiunto per provare a rientrare dei 25 milioni di euro dei mancati incassi del 2020 e del 2021. È presto per stilare bilanci, i pass sono solo una fetta degli introiti di questo gigantesco circo che invade la placida cittadina di Boom, non lontano da Anversa. S’incontrano chef e cucine da tutto il mondo, incluse esperienze stellate; cocktail complessi, alcolici da battaglia e bevande salutari per tenersi desti, accanto a merchandising di ogni tipo, dal basic (la maglietta, la bandana) al più eccentrico e pregiato.
In generale, un festival contemporaneo è agli antipodi di Woodstock, realizza l’opposto della ribellione, del compromesso low cost: i bagni sono quasi puliti e hanno in dotazione quintalate di deodorante per tentare di reprimere l’intrusività del sudore; i palchi ricordano installazioni artistiche, con cornici di acrobati e fuochi d’artificio: vanno dai ciclopici ai più piccoli e raccolti, trasmettendo sensazioni d’intimismo nei meandri di un rito di massa. Nelle aree vip si alternano vasche idromassaggio, bottiglie di champagne che scintillano tamarraggine e finger food gourmet. L’atmosfera è quella del parco giochi per ragazzi e adulti: la musica elettronica è solo un elemento dell’insieme, un pretesto. Ci si potrebbe divertire pure con le orecchie turate.
I grandi marchi, intanto, alimentano il business associando volentieri il loro nome a queste manifestazioni. Il ritorno d’immagine è garantito: «Per noi l’intrattenimento è tutto, cerchiamo eventi che combacino con i nostri valori. Ci piace l’idea di propiziare momenti gioiosi e spingere le persone a stare assieme attraverso la musica», ci spiega Robert Jan van Dormael, vicepresidente Integrated Marketing di Harman, il leader mondiale nei prodotti audio e lo sponsor storico di Tomorrowland, a cui ha dedicato un’edizione speciale di un suo diffusore di successo, il Jbl Charge 5. Un’ulteriore conferma di quanto i festival escano dagli argini della loro programmazione, siano solidi elementi di costume, tratti consolidati della cultura pop.
Creamfields è il più classico dei raduni britannici di musica elettronica, lanciato per la prima volta a manchester nel 1998. qui, l’edizione scorsa (2021).
Un’assenza che, prima di riappropriarsi della sua consuetudine, si è fatta sentire: «Quella che si crea è un’atmosfera fantastica. Alla gente mancavano tanto queste situazioni di generale allegria. Il tutto esaurito che si sta registrando ne è la riprova». Anche se Tomorrowland è andato, se il croato Ultra Europe – la costola continentale dell’immenso, omonimo party di Miami – è già in archivio, tra la seconda parte dell’estate e la sua coda le alternative abbondano. L’ungherese Sziget (10-15 agosto), per cominciare, è uno dei festival più suggestivi e dal cartellone spropositato.
Il suo motto, “L’isola della libertà”, si presta molto a questi tempi di revanscismo su un passato appiattito. Piace per la trasversalità tra la dance e il pop di primo piano, mescola Calvin Harris con Dua Lipa, Steve Aoki con i Kings of Leon. Si salta comunque, e parecchio. Creamfields (25-28 agosto), il classicone dei raduni britannici, festeggia il quarto di secolo con la quasi totalità dei dj più quotati, inclusi Alesso, Armin van Buuren, Dimitri Vegas & Like Mike e il rientrante Hardwell, che si è ripresentato in console smentendo il suo ritiro del 2018. Fin qui si va sul sicuro, sebbene i puristi vi diranno che Untold (4-7 agosto), in Romania, è quello il cui ci si diverte di più, con meno fronzoli: siamo in Transilvania, terra di vampiri abituata ai sussulti notturni.
Ad alimentarli ci saranno Kygo, leggende quali Paul Kalkbrenner, Don Diablo finalmente esodato dal bagno. A settembre spadroneggia la Germania: con Lollapalooza Berlin (24-25 settembre), che ha in line-up Timmy Trumpet, Robin Schulz e Tiësto, veterano in forma smagliante. Prima, a Monaco, sarà tempo per il Superbloom (3-4 settembre): la pandemia ne ha rimandato il debutto, la sede è il leggendario Olympiapark della città bavarese. Tra le conferme, Alan Walker e David Guetta. Per chi non ne ha mai abbastanza, ad Amsterdam ritornerà l’Ade (19-23 ottobre), l’appuntamento di riferimento globale per la musica elettronica, con l’intera città trasformata in una sequenza senza fine di set, incontri, scuotimenti assortiti. L’apice resta l’Amf (giorno 22), nell’enorme Johan Cruijff Arena, con oltre 70 mila fan assiepati ad acclamare i nomi più celebri dell’industria. La versione contemporanea, ballante, per nulla traballante, delle rockstar.